Si dipanava dalla Cina passando per la Francia, l’Olanda e l’Inghilterra, il lungo filo della rete criminale, scoperta dalla Guardia di Finanza di Pordenone, che vendeva su internet prodotti contraffatti di una notissima griffe della moda italiana.
Per ingannare gli utenti del “word wide web” era stato creato un sito la cui denominazione sembrava non lasciare dubbi circa la sua autenticità e la conseguente originalità dei prodotti pubblicizzati.
A rendere ancora più plausibile la riferibilità del sito alla casa di moda era la sua accuratissima elaborazione grafica – nella quale erano ritratti prodotti originali – la cui complessa e costosa progettazione costituiva la prova del fatto che gli ideatori intendevano ingannare anche gli acquirenti meno sprovveduti. Gli stessi prezzi dei prodotti offerti in vendita, equivalenti a quelli degli outlet ufficiali gestiti dalla griffe italiana, contribuivano a conferire credibilità al sito telematico, così come il sistema di pagamento, gestito dai maggiori circuiti di moneta elettronica, e di
spedizione della merce affidato a primarie imprese del settore.