E’ stata trovata un’altra vacca con segni embrionali di tbc bovina. E’ il secondo caso in tanti anni, e lo scorso anno almeno un orso è morto se non per la tbc almeno dopo averla contratta a causa del suo deperimento fisico (come sempre avviene, secondo gli esperti di patologie animali). Ora si sta procedendo a nuovi controlli sui bovini (che peraltro prima risultavano tutti sani). Ci chiediamo: e se fossero invece i cervi o i cinghiali che glie l’hanno magari trasmessa? E’ possibile? Si sta indagando in questa direzione?
Anche se non ancora apparsa sui media, certo è che la notizia sembra ideale per distrarre l’attenzione dal vero problema dell’Orso marsicano esploso negli stessi giorni, ma di cui nessuno ha parlato, salvo darne notizie separate: ovvero, che nel volgere di soli dieci giorni ben 5 orsi hanno fatto segnalare la loro presenza in aree lontane da quelle di habitat naturale dove avrebbero dovuto restare, e addirittura nei paesi o loro strette vicinanze (e un cucciolo vi è anche morto): S. Donato Val Comino, Lecce nei Marsi, Trevi nel Lazio, Pescocostanzo e Settefrati (per non dire dell’orsa “Gemma”, un tempo “abitante” di Scanno, ma della quale si sono perse le tracce!); in pratica, tutti in luoghi sparsi a raggiera e distanti ed esterni all’area storica di habitat primario. Eppure, nessuno che si chieda come mai! Come mai l’orsa che ha perso il suo piccolo lungo una strada della Val Comino è scesa in quell’area agricola (esterna al Parco e alla sua zona di protezione!)? Questa è la vera domanda! E la risposta più ovvia e logica non può che essere: perché cercava di che alimentarsi! E lo cercava nei campi coltivati, quei campi coltivati che non esistono più nel territorio protetto del Parco.
Questa era ed è la vera notizia, perché è essa che rivela il vero problema dell’Orso marsicano: ovvero la sua continua fuga dall’area protetta in cerca di cibo; per non dire dal disturbo dal turismo naturalistico estivo. E questo, nonostante si sia all’inizio della cosiddetta stagione del Ramno, quando gli orsi da sempre, caso mai, si concentrano preferibilmente all’interno del Parco per sfruttare il periodo di maturazioni delle appetitose bacche di questa pianta. Ora lì, li andranno a cercare gli studiosi, per il solito sfizio di contarli, mentre caso mai ormai bisognerebbe andarli a contare nelle piazze dei paesi dove stanno sempre più andando ad elemosinare quel cibo di origine antropica che non trovano più nel Parco (mais, carote, grano, lupinella e pecore)
Invece, che fa il nuovo Presidente del Parco, citando l’ennesimo inutile Protocollo sottoscritto nel marzo scorso? Se la prende di fatto ancora con gli allevatori e con i cacciatori (perché questo prevede in ben 5 punti su 7 il Protocollo!): in pratica (e, ci auguriamo, in buona fede) se la prende con gli anelli deboli della catena dei “nemici dell’orso”, anziché approfittare della loro offerta di aiuto! Mentre intoccabili restano gli operatori del turismo escursionistico e gli studiosi: i quali ultimi hanno già bruciato 15 milioni di euro in ricerche e che da anni (decenni!) si oppongono ad ogni logica iniziativa di buon senso e di poca spesa per riportare l’orso nel Parco, come l’Associazione Italiana per la Wilderness va da anni proponendo, anche con “Protocolli” e progetti ben precisi e dettagliati.
Franco Zunino
Segretario Generale Associazione Italiana Wilderness
già primo studioso sul campo dell’Orso bruno marsicano