Anche le Province abruzzesi, come quelle del resto d’Italia, dicono no al taglio di fondi promosso dal Governo, che mette seriamente a rischio lo svolgimento delle funzioni previste per questi enti.
Oggi hanno lanciato una serie di richieste ai candidati alle politiche, elencate in un manifesto messo a punto a livello nazionale dall’Upi e finalizzato ad evidenziare cosa dovranno fare il prossimo Parlamento e il prossimo Governo per salvare le Province dal baratro.
Il manifesto è stato presentato oggi a Pescara da Enrico Di Giuseppantonio, Guerino Testa, Antonio Del Corvo e Mauro Martino, rispettivamente presidente delle Province di Chieti, Pescara e L’Aquila e presidente del consiglio provinciale di Teramo.
Il documento contiene le richieste rivolte dall’Upi al nuovo Governo e al nuovo Parlamento affinché vengano affrontate alcune questioni “vitali e importanti” legate alle Province, prima tra tutte la “riduzione del taglio drastico ai finanziamenti”
“Siamo in drammatica difficoltà” ha detto Di Giuseppantonio “come non era mai accaduto dal dopoguerra. Non abbiamo neppure i fondi per garantire l’ordinaria amministrazione e qui in Abruzzo i problemi sono accentuati dai mancati trasferimenti della Regione, che ha azzerato i fondi in nostro favore”. Un’altra voce importante riguarda le scuole. Chiediamo che vengano ripristinati i fondi che consentano di realizzare nuove scuole e manutenere quelle esistenti e sollecitiamo di rafforzare la funzione dei Centri per l’impiego, facendo in modo che vengano erogati servizi piu’ moderni. Per le strade, invece, che in Abruzzo sono peggio che altrove, saremo costretti o a chiuderle o ad imporre il limite di trenta all’ora perchè non possiamo garantirne la sicurezza”.
Tra le sollecitazioni a chi governerà il Paese c’è quella relativa a maggiori finanziamenti per il problema dei dissesti idrogeologici. Di Giuseppantonio ha anche fatto riferimento alla riforma delle Province, promossa dal precedente Governo ma poi rimasta al palo. “Non aver portato avanti l’iter del decreto” ha detto “rimette al centro la polemica strumentale sulle Province anche in campagna elettorale. E’ opportuno riprendere il discorso della riorganizzazione del sistema delle autonomie locali riordinando i confini, le Province e le circoscrizioni territoriali e si deve mettere mano a quei settemila enti che sono il vero male della spesa pubblica”.
In questi settemila enti, ha aggiunto Testa, “ci sono 24mila componenti dei Cda che hanno un costo pari a 2,5 miliardi di euro. E mentre tali realtà sopravvivono le Province subiscono tagli indecorosi che ci portano a pregare affinché non nevichi e non ci siano emergenze straordinarie. Di certo le Province potranno e dovranno subire una rivisitazione, con degli accorpamenti, ma diciamo no ai criteri ragioneristici e chiediamo una riforma organica che comprenda tutta l’architettura istituzionale. Si, dunque, ad una cura dimagrante ma rivendichiamo il ruolo della Provincia come ente intermedio, che ha una legittimazione democratica”.
“Quello che sta accadendo non è giusto per i cittadini” ha commentato Del Corvo. “In questo momento le regole finanziarie hanno il sopravvento sulle regole del vivere civile. Il governo centrale, quindi, deve prendere delle decisioni e la Regione deve tornare ad assumersi delle funzioni. Forse si vogliono far morire le Province per asfissia ma non accetto che si creino le condizioni per far morire i cittadini sulle nostre strade. Il problema, di cui non si parla in campagna elettorale, non sono le Province ma le funzioni, chi le deve svolgere e con quali fondi”.
“Se ci sono settori affidati alle Province” ha concluso Martino “occorre che qualcuno garantisca la copertura finanziaria, altrimenti dicano che sono affidati alle Regioni, ai Comuni o ad altri enti. Mi auguro che il prossimo Governo metta mano a questo problema indicando quali sono le competenze e chi le deve svolgere, assicurando la copertura, perché noi abbiamo dovuto azzerare molte voci”.
Il manifesto, ha concluso Di Giuseppantonio, è stato già sottoscritto in Abruzzo da alcuni candidati al Parlamento.