E’ ancora la sequenza sismica cominciata il 24 agosto 2016 a far tremare l’Italia centrale. Le tante scosse avvenute nella notte fra il 2 e il 3 febbraio, due delle quali di magnitudo superiore a 4 e cinque di magnitudo compresa fra 3 e 4, non hanno sorpreso i sismologi.
Chi da tempo sta osservando il comportamento del sistema di faglie attivo in questa zona sa bene che non si può abbassare la guardia. Nel frattempo l’analisi delle immagini dei satelliti indica che dopo i quattro terremoti del 18 gennaio il suolo si è abbassato di 10 centimetri nell’area di Campotosto (L’Aquila).
“L’attenzione resta alta”, ha detto all’ANSA il sismologo Alessandro Amato, dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia. Nel frattempo la rete dei sismografi è stata completamente ripristinata dopo le forti nevicate e sia le stazioni fisse sia quelle mobili stanno funzionando bene.
“I terremoti registrati nella notte sono avvenuti nella porzione settentrionale del sistema faglie attivo dal 24 agosto e in particolare nella zona compresa tra Umbria e Marche che si era attivata con il terremoto del 26 ottobre 2016”. Tutti, ha aggiunto, sono stati abbastanza superficiali (non hanno superato la profondità di sei chilometri) e “sono molto concentrati, in una zona che si estende per circa cinque chilometri”. Questo è possibile perché le faglie che generano terremoti di magnitudo 4 sono relativamente piccole: non raggiungono la lunghezza di un chilometro. Le loro caratteristiche sono le stesse delle altre faglie dell’Appennino centrale, ossia sono di tipo estensionale e orientate nella direzione che va da Nord-Ovest a Sud-Est. Anche gli ultimi terremoti “si possono collegare al sistema di faglie già attivo”.
Un’altra caratteristica che hanno in comune, ha detto ancora Amato, è di “essere spostati verso l’Umbria, vicino alla zona di Colfiorito”, che nel 1997 era stata colpita da un terremoto di magnitudo 6,1. I terremoti avvenuti 20 anni fa in quella zona potrebbero aver scaricato tutta l’energia accumulata nelle faglie che li avevano generati, ma probabilmente non si può dire la stessa cosa dei settori vicini. Questi ultimi “potrebbero non aver scaricato tutta l’energia, ma queste al momento sono soltanto congetture”. Il fatto che i nuovi terremoti rientrino nel quadro delle repliche di quelli del 26 ottobre e del 30 novembre “non implica che la sequenza sia finita”, ha osservato il sismologo. Negli ultimi giorni il settore più meridionale dello stesso sistema di faglie, che si era risvegliato il 18 gennaio, è invece rimasto più tranquillo, ma “è ancora sotto osservazione perché la quantità energia rilasciata nella sequenza del 18 gennaio e quella rilasciata nel 2009 lasciano ancora spazio per altri terremoti, ma è impossibile dire quando potranno avvenire”.