Moria di tartarughe marine: tutta colpa dell’uomo

C’è la mano dell’uomo dietro l’eccezionale moria di tartarughe che si è registrata lungo la fascia costiera abruzzese da giugno ad oggi.

Non hanno dubbi gli esperti del centro recupero cetacei e tartarughe di Pescara che in questi giorni hanno esaminato le carcasse dei rettili marini, della specie Caretta Caretta, spiaggiate dopo l’ultima mareggiata. Una trentina di esemplari in tutto, non solo in Abruzzo, ma anche lungo il tratto sud della riviera romagnola e lungo la costa di Termoli.

Gli animali, dalle prime indagini, sarebbero morti soffocati perché finiti nelle reti dello strascico o annegati perché rimasti all’allamati ai palangari dei pescatori che calano al largo delle coste chilometri di ami (anche 5, 10 mila per volta) per catturare pesci pelagici di grossa pezzatura.

Ma le esche, quasi sempre pezzi di calamari o sardine, attirano anche le tartarughe che se ne cibano, rimanendo dunque vittime a loro volta. Recuperate le carcasse di tartarughe con oltre 30 anni di vita e in piena maturità, in grado quindi di riprodursi.

E come se non bastasse anche lo sfregio nei confronti di questi animali. Pochi giorni fa, infatti, la carcassa di una femmina della specie Caretta Caretta era stata segnalata sul tratto sud della spiaggia di Giulianova. Avvertiti gli organi competenti, compresa la Guardia Costiera locale.

Ma la tartaruga è rimasta sulla spiaggia per tutta la notte. Il mattino seguente dell’animale è stato rinvenuto solo il tessuto molle e gli organi interni. Qualcuno ne aveva depredato il carapace, ovvero il guscio, probabilmente per abbellire il giardino di casa o qualche angolo della propria abitazione.

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