Pescara. In circa due anni e mezzo in Abruzzo sono stati persi oltre 2.400 posti di lavoro nell’edilizia, 672 mila ore di lavoro e quasi sei milioni e mezzo di massa salari.
Sono i dati forniti oggi dalla Cgil Abruzzo che, attraverso il segretario della Fillea Silvio Amicucci, ha lanciato l’allarme e anche un appello alla Regione.
I dati sono quelli della Commissione nazionale paritetica delle casse edili, che registra l’andamento del settore edile, almeno per quella parte che è legale e non è in nero. “Tutti parlano dell’Abruzzo – ha detto Amicucci – come il cantiere più grande d’Europa, ma da ottobre 2013 a marzo 2015 siamo passati da 12.829 lavoratori a 10.419 mentre le ore lavorate sono passate da un milione 744 mila a un milione 71mila che equivalgono a una riduzione da 17 milioni 108mila euro di massa salari a 10 milioni 654, cioè sei milioni e mezzo in meno, il che incide anche sul Pil. Per le imprese, invece, si èpassati da 2.784 a 1996 (-788)”.
Alla luce di questi dati la Cgil ha avanzato delle richieste al presidente della Regione Luciano D’Alfonso, invitandolo a “passare dalle dichiarazione ai fatti”. “Si deve semplificare il sistema, ha proseguito, non per eludere i controlli ma per cantierizzare.
La ricostruzione a L’Aquila e nell’area extra-cratere si sta fermando. Va riattivata e si deve dare rapidamente un impulso su questo fronte. Abbiamo quasi un miliardo di opere pubbliche da trasformare in cantieri, velocemente, e anche i privati hanno bisogno che la Regione si doti di politiche ben precise.
La stazione unica appaltante va fatta – ha concluso il segretario della Fillea – e si deve mettere un freno al lavoro nero e alla illegalità. La Regione lo deve fare, si deve ripartire”.