Abruzzo, terra di mare, di colline, di montagna e di pastori ma anche di antichi borghi e soprattutto terra di ARROSTICINI e MONTEPULCIANO D’ABRUZZO!
C’è ancora qualche cliente che mi chiede sull’eventuale provenienza del nostro vitigno a bacca rossa dalla bella zona toscana in provincia di Siena appunto Montepulciano dove si produce il famoso Nobile di Montepulciano. Un collegamento c’è MA non riguarda il vitigno che è abruzzese ed ha molte differenze con il prugnolo gentile toscano (un clone del sangiovese grosso); innanzitutto l’epoca di maturazione (il prugnolo è primutico cioè precoce al contrario del nostro montepulciano che è tardivo) e poi la struttura dovuta soprattutto alla buccia molto spessa quindi depositaria di tannini potenti del montepulciano d’abruzzo che il vitigno toscano NON HA! Sulle diverse storie circolanti sull’origine del nome, propendo per quella risalente alla baronia di Carapelle (nei pressi di barisciano quindi l’aquila) che nel 1500 fu Tenuta Dè Medici (signori di Firenze) i quali, dopo “l’oscurantismo culturale” spagnolo e francese, portarono cultura e quindi le prime tecniche viticole ed enologiche dalla loro Toscana e, data la somiglianza morfologica dell’uva della loro zona d’origine (con i criteri di quel tempo), lo denominarono montepulciano d’abruzzo.
Ci siamo riuniti in enoteca a porte chiuse in 15 per degustare tre diverse espressioni territoriali del montepulciano d’abruzzo e quindi cercare di capire quanto il terroir (ed anche la filosofia del produttore) influenzi questo vitigno da alcuni giudicato “monotematico” o comunque poco complesso! Tre zone coincidenti con tre province, sei vini di cui 3 riserva (per capire quanto la stessa uva acquisisca o perda con vinificazioni ed affinamenti in botte più sofisticati) degustati tutti alla cieca.
Iniziamo con le tre versioni “base” in base alla struttura quindi andiamo a Loreto Aprutino, collina pescarese vocata alla viticoltura per fattori climatici (corrente notturna fredda dalle montagne e diurna temperata e salmastra dal mare) e con un suolo argilloso e sabbioso a grana medio fine ed un sottosuolo con una roccia arenaria gialla di antica formazione.L’azienda presa in considerazione è l’az. vitivinicola Torre Raone certificata biologica di cui Dante Di Tizio è “l’anima”; il suo montepulciano ” Torre Raone” biologico è un perfetto esempio di equilibrio e complessità con una gradazione alcolica di “soli” 13,5 gradi fonda sul “tannino” e la mineralità del suolo i suoi punti di forza ad un prezzo di 10 euro in enoteca onesta. Un vino che se la cava bene sia con una bistecca o arrosticini che con un filetto al pepe verde per la sua versatilità.
Passiamo al secondo vino e ci spostiamo a Ripa Teatina (CH) in una zona paesaggisticamente meravigliosa dove ha sede l’azienda vitivinicola Nicola Di Sipio, praticamente un paese nel paese per la sua estensione territoriale il cui montepulciano “base” si è dimostrato di facile beva, complice anche la gradazione alcolica non elevata /13,5) ma poco complesso con un tannino un po sottotono che non riesce a dare personalità al vino.
Il terzo vino, invece, di personalità ne ha dimostrata molta con un grado alcolico di ben 14,5 spalleggiato però da un tannino ed una mineralità notevoli, figli di una sottozona (Controguerra quindi val vibrata) eccellente e della fermentazione spontanea (per farla ci vuole una buccia sana e ricca e molta pazienza) di un “vignaiolo indipendente” di vecchia data qual’è Corrado De Angelis Corvi! Il fonte ravilliano nella vendemmia 2019, biologico con affinamento in vasche di cemento vetrificate (come un tempo) costa 2 euro in più dei precedenti ma di fatto bisogna considerarlo una riserva per potenza, complessità ed un’eleganza che non maschera il suolo da cui deriva , di medio impasto tendente all’argilloso ma “nutrito” alla vecchia maniera con concimazione naturale a base di leguminose volte ad enfatizzare la fertilità agendo sulla stimolazione delle difese immunitarie.
Dopo averli degustati alla cieca, la votazione proclama vincitori ex aequo il torre raone ed il fonte raviliano ma per motivi diversi; il primo per l’equilibrio ed il basso grado alcolico (anche uno speziato di pepe nero raro nei montepulciano base) mentre il secondo per la struttura e lunghezza gustativa acquisita dal suolo fatto di un humus ricco! Procediamo con le relative riserve, sempre alla cieca ed il risultato non cambia: un altro ex aequo Torre Raone riserva S. Zopito in vendemmia 2018 (20 euro prezzo di vendita) ed ElèVito in vendemmia 2016 (è una crasi di due nomi) di De Angelis Corvi: il primo con un grado alcolico di 14,5 ha stupito per il tannino rampante che neanche la barrique è riuscito a domare e per il sapore finale con sentori speziati e “selvatici” che ne fanno un vino da “domare” mentre il secondo con i suoi 15,5 gradi si è dimostrato una vera “bomba” da arrosticini e formaggi stravecchi ma con un’eleganza che non ti aspetti. Sono due bei montepulciani da utilizzare in momenti e situazioni psicologiche diverse: il S. Zopito se si ha voglia di confrontarsi con una belva feroce ma “ammaestrabile” mentre l’ElèVito se si ha voglia di essere travolti da una “botta” di piacere da “subire” senza opporre resistenza!
Purtroppo con questi due “mostri” il Di Sipio riserva che è un bel vino, ne è uscito sminuito sempre per quello squilibrio tra potenza alcolica e tannino.
Dulcis in fundo, biscotti di forno con la famosa “scrocchiata” cioè una marmellata di uva montepulciano con soli zuccheri dell’uva, biologica ed i vinaccioli e bucce tritate; quando la si gusta, si percepisce il tannino e da l’esatta dimensione della qualità dell’uva che è quella del s. zopito. Infatti è prodotta dalla Torre Raone di Loreto Aprutino e si può proclamare vera vincitrice della serata, acquistabile a soli 7 euro in enoteca, è un fine pasto tematico favoloso assieme a formaggi stagionati. Bravo Dante!
Alla prossima degustazione.
Stefano Grilli – Enoteca Saraullo anno domini 1966 – Tortoreto (TE)