Siamo arrivati al 26esimo giorno di guerra in Ucraina.
Nel dibattito pubblico, e politico, ci si chiede quale sia il ruolo dell’Italia in questo conflitto. In molti stanno citando l’art.11, a sostegno di più tesi: se da un lato si ribadisce che “l’Italia ripudia la guerra”, dall’altro si ricorda che lo fa “come forma di offesa alla libertà dei popoli”.
Per capire cosa dice davvero l’art.11 della Costituzione italiana abbiamo chiesto al Professore di Diritto Costituzionale, Enzo Di Salvatore, dell’Università degli Studi di Teramo.
A me pare che il testo dell’art. 11 Cost. sia chiaro: l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come strumento per risolvere le controversie internazionali. Il principio resta quello pacifista; tutto il resto deve conformarsi al rispetto di questo principio. Il che non vuol dire che la Costituzione non consideri la guerra, se coordiniamo questo principio con le disposizioni sulla guerra – come quelle contenute nell’art. 78, 87 e 52 Cost. – se ne deduce che l’unica guerra possibile sia quella difensiva.
Certo che è corretto. Legittime le sanzioni, legittima ed anzi doverosa la ricerca di una soluzione diplomatica. Più discutibile, invece, che l’Italia possa inviare armi, giacché questo contrasterebbe con il principio del ripudio della guerra. Inviare armi vuol dire sostenere indirettamente la guerra, o no? A meno che, si intende, non si tratti del dispiegamento di forze sul territorio di un Paese membro della NATO in funzione difensiva e non già di un sostegno in armi alla guerra. Questo è diverso.
Sì, la seconda parte dell’art. 11 legittima limitazioni di sovranità per consentire all’Italia di partecipare a organizzazioni internazionali come l’ONU e la NATO. Ma deve trattarsi di limitazioni costituzionalmente legittime e, cioè, conformi al principio del ripudio.
Al netto del fatto che nella crisi ucraina la NATO non sarebbe giustificata a spiegare alcun intervento, non essendo l’Ucraina parte della NATO, torno a sottolineare come quelle limitazioni debbano essere conformi al principio del ripudio. Questo vuol dire che non è possibile derogare al principio del ripudio, sostenendo che l’Italia abbia contratto obblighi sulla base di Trattati internazionali. I Trattati internazionali devono essere conformi al principio del ripudio e se non lo fossero la relativa legge di esecuzione sarebbe di dubbia legittimità per la parte in cui derogasse al principio.
Il problema più delicato è dato dall’interpretazione che della nozione di “guerra” si rende: la nozione accolta in Costituzione è quella di “guerra difensiva”, intesa come attacco all’integrità del territorio dello Stato, che, in ragione di una partecipazione dell’Italia alla NATO, sarebbe da considerare nell’ambito di un sistema di difesa collettiva. A mio parere quella nozione va intesa in restrittivamente e non è suscettibile di essere interpretata in senso evolutivo. Insomma, non c’è spazio per una “guerra difensiva preventiva”.
È anche dubbio che siano legittime le c.d. guerre umanitarie e/o le c.d. guerre giuste. Ce ne possiamo dispiacere, ma è così. Il che non toglie niente al dovere di solidarietà e di accoglienza di coloro che fuggono. Sostenere che sia legittima una guerra a difesa di propri valori – come pure da più parti si va dicendo – è un atto di pura barbarie. Se così fosse, sarebbe legittimo muovere guerra a metà pianeta. Ritenere che in Costituzione vi sia spazio per una interpretazione di questo tipo vuol dire non aver compreso la Costituzione. E non ci si può, poi, meravigliare se una Università statale finisca per censurare un seminario su Dostoevskij.