Accompagnato dal presidente Antonio Zoccoli e dal direttore dei laboratori Stefano Ragazzi, è stato informato sul lavoro che viene svolto qui, sul personale di ricerca che vi opera, sulle potenzialità che una struttura simile ha nella ricerca costante, ad esempio, della materia oscura.
Presenti il deputato pentastellato Fabio Berardini, il governatore della Regione Marco Marsilio, i vertici della Ruzzo Reti con a capo il presidente Alessia Cognitti. Il ministro Fioramonti dunque ha sottolineato l’alto livello di perfezionamento e l’eccellenza italiana nel campo della ricerca rappresentata proprio dall’Istituto di Fisica Nucleare, operativo ormai da oltre 30 anni.
Finiti a volte nell’occhio del ciclone delle polemiche, i laboratori sono stati spesso considerati elementi di rischio e potenzialmente pericolosi per la salute di centinaia di migliaia di cittadini abruzzesi, perché a stretto contatto con le falde acquifere del Gran Sasso che alimentano il serbatoio naturale di acqua potabile che finisce nelle case attraverso le condotte della Ruzzo Reti. I sistemi di sicurezza adottati negli anni sono di altissimo livello. Ma per i più scettici i laboratori resteranno una spada di Damocle. Per il ministro Fioramonti la ricerca deve andare avanti.
Al termine della visita del ministro Lorenzo Fioramonti, il presidente dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, Antonio Zoccoli, si è detto soddisfatto della mattinata di lavoro illustrativo e conoscitivo con il capo del dicastero della Ricerca. Il presidente Zoccoli ha fatto da Cicerone durante il percorso nei laboratori, illustrando ogni singolo passaggio che avviene nella struttura di ricerca.
C’è un laboratorio che verrà presto dismesso. Si tratta della struttura in cui sono avvenuti esperimenti e ricerche Borexino che è un rivelatore a scintillatore liquido di grandi dimensioni il cui scopo primario è lo studio delle proprietà di neutrini solari a bassa energia. Gli eccezionali livelli di radiopurezza raggiunti da Borexino nel corso degli anni hanno reso possibile non solo il raggiungimento degli obbiettivi di ricerca principali ma anche la produzione di numerosi risultati di valore nell’ambito della geofisica e in quello dello studio dei cosiddetti processi rari o proibiti.
Ha compiuto però il suo ciclo. Ed ora si guarda avanti. In visita ai laboratori anche il commissario per la messa in sicurezza del sistema Gran Sasso, l’ingegner Corrado Gisonni, nominato all’indomani della nota vicenda relativa alla contaminazione della falda acquifera. Rischi concreti oggi non ce ne sono ma il sistema ha bisogno di una più netta separazione tra la struttura di ricerca e l’area di captazione dell’acqua potabile.
“Il Gran Sasso Science Institute è un esempio di come si possano coniugare scienza e impegno civile senza compromettere l’eccellenza della ricerca. Per questo dobbiamo continuare a investire sul GSSI”. Lo ha detto oggi a L’Aquila Lorenzo Fioramonti, ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, intervenendo all’inaugurazione dell’Anno Accademico 2019-2020 del GSSI.
Alla cerimonia, introdotta dal rettore Eugenio Coccia, hanno partecipato anche i premi Nobel Barry Barish (membro del comitato scientifico del GSSI) e Carlo Rubbia (professore emerito). Sul palco anche la professoressa Alessandra Faggian e i giovani Karolina Rozwadowska, Lars Eric Hientzsch e Cosimo Vinci, che hanno raccontato la loro esperienza di studenti e ricercatori al Gran Sasso Science Institute. La mattinata si è poi chiusa con la lectio magistralis del professor Enrico Giovannini, portavoce dell’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile, dal titolo Utopia ambientale, utopia sociale. Dal palco il rettore Eugenio Coccia ha ringraziato il ministro per la stima e l’attenzione che sta dimostrando verso il Gran Sasso Science Institute.
Un appello a scommettere, anche economicamente, sulla ricerca scientifica curiosity driven (guidata dalla curiosità) e in particolare su quella che si fa al Gran Sasso Science Institue è arrivato anche da Barry Barish, premiato nel 2017 con il Nobel per la scoperta delle onde gravitazionali. “Mi sono innamorato del GSSI fin da quando, durante una conferenza scientifica a Venezia, Eugenio Coccia mi raccontò per la prima volta questo suo sogno. Vederlo realizzato è un vero miracolo, simbolo della rinascita dell’Aquila dopo il terremoto”.
Carlo Rubbia ha definito quella di oggi una “giornata meravigliosa” e ha sottolineato l’importanza della scienza nel trovare soluzioni alla principale emergenza della nostra epoca: il cambiamento climatico. Quindi ha illustrato il suo progetto di un “decarbonizzatore di metano”, un reattore capace di trasformare il gas naturale in un combustibile senza emissioni di gas serra.
Un intervento in linea con la lectio magistralis di Enrico Giovannini, dedicata allo sviluppo sostenibile. “La storia parlerà di noi, della nostra generazione, come della generazione che poteva fare qualcosa e non l’ha fatto per evitare la catastrofe”, ha avvertito Giovannini. “Oppure passeremo alla storia come la generazione che ha trovato una soluzione. Sta a noi e a giovani scienziati come quelli del GSSI decidere cosa fare. Fortunatamente in questa scuola si respira l’entusiasmo di chi guarda al futuro”.