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Emergenza coronavirus: funzionamento e limiti della App “Immuni”

Si sente molto parlare in questi giorni della App “Immuni”, la prima app italiana “di stato” per il tracciamento del contagio da coronavirus. Vediamo quale dovrebbero essere le sue caratteristiche.

La prima caratteristica, sulla quale tutti concordano è l’anonimato. Dovrà cioè essere in grado di garantire che i dati trattati  non potranno in alcun modo portare all’identificazione l’interessato. In realtà sarebbe più corretto, piuttosto, parlare di pseudonimizzazione dei dati poiché l’applicazione sarebbe comunque in grado di risalire all’identità dell’utente in caso di rilevata positività. Dopo un periodo di tempo limitato tutti i dati, con l’eccezione di quelli aggregati a fini di ricerca o statistici, dovranno essere cancellati L’applicazione non dovrà accedere alla rubrica dei contatti del telefono, non chiederà il numero né la posizione dell’apparecchio e il suo funzionamento dovrà cessare non appena terminerà la fase di emergenza.

Sfrutterà, per il suo funzionamento, la tecnologia bluetooth low energy che potrà rilevare la vicinanza tra due smartphone nell’ordine di un metro (si tratta, per grandi linee, dello stesso meccanismo adoperato per monitorare il nostro comportamento all’interno dei negozi fisici, ne abbiamo parlato in questo articolo). Ciascun utente sarà individuato mediante un codice e sarà tenuto ad aggiornare quotidianamente i dati sulla sua salute . Qualora dovesse risultare positivo al test per il Covid 19, l’utente registrerà sull’app la propria positività e questa richiederà il consenso nell’utilizzare i dati raccolti e provvederà a recuperare automaticamente gli altri codici con cui il soggetto è entrato in contatto nell’ultimo periodo, valutando quelli potrebbero esser maggiormente a rischio ed informandoli attraverso una notifica sullo smartphone.

Sarà basata sulla volontarietà. In altre parole, saranno gli utenti, cioè i cittadini, a decidere se scaricarla o meno. Anche se non è, ad oggi, chiaro quali saranno gli svantaggi per coloro che sceglieranno di non utilizzarla. Si stima che per essere efficace dovrà essere superiore al 60 % e dovrà essere utilizzata anche dagli anziani, categoria particolarmente a rischio di contagio, che spesso non possiede uno smartphone.

L’intero sistema sarà interamente gestito da uno o più soggetti pubblici e si tratterà di una app open source e come tale suscettibile di revisione da chiunque voglia apportare modifiche per migliorarla.

Viene spontaneo domandarsi se ci si potrà fidare di una applicazione installata sui nostri smartphone (che spesso non possiedono un antivirus e neppure una password di accesso e sono a costante rischio furto o smarrimento), la quale inevitabilmente tratta ciò che di più prezioso abbiamo: i nostri dati personali sanitari, oltre alla nostra posizione (seppure solo in relazione ad altri dispositivi dotati della stessa tecnologia).

Occorrerà attendere il parere del Garante della privacy, al quale è affidato il compito di mediare tra i due interessi fondamentali in gioco, il diritto alla salute da una parte e la tutela dei dati personali dall’altra che mai come in questo momento sono messi in pericolo dagli appetiti molto forti di coloro i quali intendono trarre profitto dalla enorme mole di dati sanitari che questo primo tracciamento di massa genererà. Non a caso è notizia di queste ore la violazione dei dati personali occorso in Olanda dall’app in uso per il tracciamento per il contagio da covid 19.

 

Avv Luca Iadecola

Consulente privacy, Dpo