Qui di seguito troverete alcuni dei proverbi abruzzesi più noti e popolari ma anche poco conosciuti scelti tra quelli più significativi e divertenti che caratterizzano la cultura della regione.
Chi non ha mai sentito dire in famiglia una frase iconica, un motto, una massima, un proverbio in dialetto? Anche se si parla perfettamente l’italiano la carica espressiva dei proverbi aumenta se si declamano in dialetto, di fatto ogni dialetto è una manifestazione delle cultura di un posto, quindi va sicuramente protetto e tramandato anche attraverso i proverbi.
In Abruzzo i proverbi sono tantissimi, noi ne abbiamo raccolto alcuni tra i più popolari e conosciuti, di quelli che vale la pena conoscere.
Per cui chi vuole conoscere dei proverbi abruzzesi più significativi questo è il posto giusto. Ogni proverbio, così come i modi di dire, è una sintesi delle tradizioni culturali e del sentire comune. In Abruzzo se ne coniano sempre di nuovi ma di seguito andiamo a spiegare anche il significato di alcuni detti popolari più famosi.
Alle vennégne s acciòppa j àseno. La traduzione è “quando è ora di vendemmiare l’asino si azzoppa” e vuol dire che la vita sembra accanirsi proprio quando c’è più necessità e invece si perde un aiuto importante. Proprio quando arriva il momento di vendemmiare, quindi si ha bisogno dell’asino per trasportare il carico di uva e invece non si può contare sulla sua collaborazione perché si è azzoppato. È un proverbio antico, risalente alla fine del XIX secolo.
Sta ‘bbone Rocche, sta ‘bbone tutta la rocche. Un altro dei proverbi abruzzesi molto conosciuti e comuni ancora enunciati pure dai giovani. Cosa significa Sta ‘bbone Rocche, sta ‘bbone tutta la rocche? Fa riferimento all’egoismo di chi pensa solo ai fatti propri invece di agire in favore della collettività.
Chi vò la casa nett, gent d’addr n’en ce ne mett. La traduzione è chi vuole la casa pulita non deve fare entrare gente d’altri, diciamo che è una metafora per cui chi vuole la famiglia rispettata non deve fare entrare nella propria casa tanta gente estranea.
Carnevale onde all’uòje, uòje la ciacce e dumène li fóje. In questo caso la traduzione è Carnevale unto nell’olio, oggi le frittelle e domani le foglie (di verdura) intende le abbuffate del periodo carnevalesco che sono seguite dal periodo di magro per la quaresima.
A ògne ttèrre c’è na usanze a ògne mmijjicule c’è na pànze. La traduzione è per ogni paese c’è un’usanza, per ogni ombelico c’è una pancia. Il significato in sostanza è paese che vai, usanza che trovi.
La còcce sótte à l’accétte, evvíva Francísche. La traduzione è la testa sotto l’accetta, viva la Francia, il significato è che ci sono persone testarde che continuano a sostenere una tesi e a voler avere ragione anche quando sono nel torto.
Sopra lu cott l’acqua vullit. Sulla scottatura si versa l’acqua bollente, si intende che si va dalla padella alla brace, ossia in una situazione sfortunata arrivano altri guai.
Sparagn e cumbarisc. Risparmia e fa bella figura.
Ije ti dice harre e tu t’aggicce. Io ti dico di andare avanti e tu ti sdrai. Proverbio contadino, il riferimento è all’animale esortato per fare dei lavori nel campo e lui invece di obbedire si stende a riposare.
Daje e daje la cipolla diventa aje. Dagli, dagli, la cipolla diventa aglio. Bisogna perseverare se si vuole raggiungere il risultato.
Lu garbine porte la fiaschette ‘rrete a li rine. Il Garbino porta un fiasco dietro ai resi. Se c’è il vento caldo (in Abruzzo si chiama Garbino, sarebbe il Libeccio) pioverà
Chije spare ‘nna attacche, spare ‘nna scioije. Chi non annoda non scioglie nodi, significa che chi non fa doni non ne riceve, il riferimento è ai nodi legati del canovaccio in cui si ponevano regali.
Jennere, nóre e nepùte, quelle che ffì è sìmbre perdùte. Ciò che si fa per generi, nuore e nipoti è sempre perso.
Dope lì cunfitte esce lì difitte. Dopo i confetti (del matrimonio) escono i difetti.
Mitte ‘nderre e spire ‘ne lu cijle. Semina e spera nel cielo.