Abruzzo. Fare chiarezza sulle modalità di somministrazione in Regione Abruzzo della pillola per l’interruzione di gravidanza, la RU486, per avere finalmente un quadro chiaro della situazione.
È questo l’argomento dell’interpellanza a firma del Consigliere regionale e Presidente della Commissione d’inchiesta sull’emergenza idrica Sara Marcozzi e che sarà nel Consiglio regionale programmato per domani, 13 dicembre.
Afferma Marcozzi: “Fino a oggi su numeri, dati e modalità di somministrazione regna una grande confusione. L’ultimo esempio riguarda l’incremento dell’utilizzo della pillola nell’anno 2021 riportato dalla stampa. Una notizia su cui è però calato il silenzio della Giunta, che non ha ancora reso pubblici tutti i numeri in merito all’interruzione volontaria di gravidanza. Una posizione parziale su cui si devono dare risposte interpretando i dati nella loro interezza”.
“A questo si aggiunge la necessità di dare risposte sulle strutture che erogano queste prestazioni, in particolare sui consultori. È del febbraio 2021 la circolare con cui il Dipartimento Sanità, sotto la formula della forte raccomandazione, invitava a procedere all’interruzione volontaria di gravidanza con trattamento farmacologico in ambito ospedaliero. Un provvedimento che va in direzione contraria rispetto alle previsioni di legge, che individuano nei consultori strutture in cui è possibile somministrare la pillola abortiva entro le 9 settimane di età gestazionale. Una cosa inaccettabile, un ostacolo in più messo a donne che già devono affrontare un percorso di estrema sofferenza interiore. Non possono essere le abruzzesi a pagare le conseguenze di una cattiva gestione regionale, che non riesce a mettere i consultori nelle condizioni di soddisfare tutte le prestazioni previste. Mi auguro che a quasi due anni di distanza si siano trovate soluzioni e si dia un’indicazione politica chiara”.
“Sulla difesa di un diritto acquisito delle donne non farò un passo indietro. Siamo già riusciti a bloccare la legge sui bimbi mai nati, un testo con cui si dava alle Asl il dovere di sepoltura dei feti di età gestazionale inferiore alle 28 settimane scavalcando la volontà delle madri, e anche adesso non si faranno sconti. Ogni cittadina abruzzese ha il diritto di trovare un sistema sanitario regionale che la accolga e la aiuti nel solco della legge”, conclude.