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Abruzzo

Manifatturiero in Abruzzo: segnali di ripresa. I DATI

La pubblicazione dei risultati della congiuntura manifatturiera relativa al 2018 conferma l’operatività ed efficacia della collaborazione tra Confindustria Abruzzo e CRESA sancita dall’accordo nel luglio 2017.

 

L’intervista oggetto del presente studio, rivolta a 201 aziende manifatturiere con almeno 10 addetti, è stata realizzata dal Centro Studi di Confindustria Abruzzo e i dati sono stati elaborati e commentati dal CRESA.
“Il sistema manifatturiero rafforza i segnali di ripresa già mostrati nel corso del 2017, – osserva il Presidente del CRESA Lorenzo Santilli – mostrando di essere in grado di rispondere alle sfide che un mercato sempre più competitivo impone”.

“Il focus sulla Maturità Digitale, – afferma il Presidente di Confindustria Abruzzo, Agostino Ballone – dimostra la necessità di interventi concreti per modernizzare le nostre imprese e per adeguare l’impianto istituzionale ed amministrativo, la rete infrastrutturale materiale ed immateriale ed il sistema formativo.
Confindustria Abruzzo, anche attraverso l’ormai costituito Digital Innovation Hub Abruzzo, Match 4.0, sta già operando per fornire al sistema delle imprese gli indispensabili supporti tecnici volti ad aumentare quella propensione delle PMI alla necessaria innovazione del modello organizzativo, con l’introduzione di processi digitali, e per guardare con maggior fiducia alle sfide imposte dai cambiamenti dei prossimi anni”.

 

 

Il sistema manifatturiero regionale conferma un andamento decisamente migliore della media nazionale con valori per tutti gli indicatori economici, compresi quelli delle performance sul mercato estero, positivi. Nel confronto con il 2017, il 2018 fa registrare diffusi aumenti intorno al 3% dei principali indicatori; la produzione mette a segno un +3,3%, il fatturato un +3,4%, l’export un +3,1% e gli ordini esteri un +3,6%, più debole la crescita degli ordini interni (+0,5%) e dell’occupazione (+2,2%).
Relativamente alla dimensione in termini di numero di occupati, le piccole imprese (10-49 addetti) riportano per tutti gli indicatori valori positivi e nel caso della produzione, del fatturato, degli ordini interni e dell’occupazione superiori alla media regionale. Più critica la situazione sul fronte dei mercati internazionali con incrementi di export e fatturato estero intorno all’1%.

Sono le medie imprese (50-249 addetti) a mettere a segno nel complesso i peggiori risultati con una crescita strutturale degli indicatori inferiore alla media regionale. La produzione segna un incremento del +2,1%, il fatturato del +1,5%, l’export del +0,5%, gli ordini interni del +0,4% e quelli esteri del +0,7%. Migliore l’andamento dell’occupazione che segna un incremento del +2,1%, allineato a quello delle grandi industrie e lievemente inferiore alla media regionale.
Più incoraggianti le performance delle grandi imprese (250 addetti e più) sui mercati internazionali con incrementi degli indicatori che sfiorano (export: +4,8%) e superano (ordini esteri: +5,8%) il 5%. Allineati alla media regionale le variazioni di produzione, fatturato e occupazione, mentre una certa debolezza si osserva riguardo la tenuta sul mercato nazionale (ordini interni: -0,5%).

 

Sotto il profilo provinciale, si rileva che Pescara continua a mostrare le migliori performance, con variazioni intorno al 9% di produzione, fatturato e ordini interni e di quasi di quasi il 5% dell’occupazione. Essa evidenzia qualche difficoltà sul fronte della competitività internazionale con un lieve decremento dell’export (-0,1%) e un lieve incremento degli ordini esteri (+1,1%). Segue Chieti con variazioni intorno al 4-5% di produzione, fatturato totale ed estero e ordini esteri, un incremento intorno al 2% dell’occupazione e una lieve contrazione del portafoglio ordini interni. Teramo, presenta, ad eccezione dell’occupazione, variazioni inferiori alla media regionale e qualche criticità sotto il profilo delle performance con l’estero. Fanalino di coda tra le provincie è L’Aquila con ripetute anche se lievi diminuzioni dei valori dei principali indicatori.

 

Il clima di opinione regionale, misurato in termini di saldi percentuali tra le risposte con indicazioni di aumento e risposte con indicazioni di diminuzione, è positivo con aspettative a sei mesi di incrementi che prevalgono sulle previsioni di contrazioni. Più cauto l’ottimismo sul fronte dell’occupazione.

 

L’intervista è stata condotta su un campione utile di 185 imprese con almeno 10 addetti aventi sede nella regione Abruzzo. I risultati, che confermano gli scoraggianti risultati delle precedenti indagini, indicano che meno della metà delle industrie intervistate (48,6%) ha introdotto processi digitali al suo interno. A dimostrazione della scarsa propensione delle aziende regionali ad innovare il proprio modello organizzativo si rileva che del 51,4% di imprese che non hanno adottato processi digitali, la stragrande maggioranza (91,4%) non lo ha fatto per mancanza di interesse e solo il 7,5% ha addotto quale motivazione la carenza di risorse umane o finanziarie.
Le imprese non interessate alla digitalizzazione sono nella maggior parte dei casi operanti in settori tradizionali quali l’alimentari, il tessile e abbigliamento, il legno e mobili e poi, via via scendendo, la metalmeccanica, i minerali non metalliferi, l’elettronica, la chimico-farmaceutica e i mezzi di trasporto. Le imprese mostrano, quindi, di essere fortemente influenzate nel processo verso la digitalizzazione dal settore di appartenenza e sono quindi più attive in quei comparti in cui più forte è il peso della tecnologia.
Altro fattore che mostra di influenzare fortemente il grado di digitalizzazione è la dimensione aziendale, con il 100% delle grandi imprese (da 250 addetti in su) intervistate ben avviate, il 58,8% delle medie (da 50 a 249 addetti) e il 46,3% delle piccole (da 10 a 49 addetti).
Per quanto riguarda la distribuzione sul territorio regionale, Chieti è la provincia nella quale la concentrazione di aziende digitalizzate è massima, L’Aquila quella in cui è minima.
La rilevanza percepita della digitalizzazione aumenta nel complesso all’aumentare della dimensione aziendale. 3 delle 4 grandi imprese partecipanti all’indagine (75%) dichiarano che essa è mediamente importante, la restante industria le attribuisce un’importanza elevata. È tra le piccole imprese prevalente l’opinione che la digitalizzazione non sia importante (55,6%), nel loro ambito solo poco meno di 14 su 100 la valutano come assai rilevante (sono tutte organizzazioni che hanno avviato il processo di digitalizzazione).
Passando ad esaminare quali sono le aree nelle quali le imprese hanno introdotto la digitalizzazione dei processi, si osserva che più della metà lo ha fatto nella produzione, il 26% nella progettazione, il 9% negli acquisti, l’8% nella logistica e il 2% nella qualità.

Le grandi imprese del campione mostrano di essere nel complesso completamente digitalizzate; le piccole e medie imprese lo sono principalmente nelle funzioni della progettazione/ingegneria e della produzione.
Per quanto riguarda le funzioni chiave, discriminanti nei processi digitali, tra le aziende digitalizzate sono più numerose quelle che hanno digitalizzato i processi di gestione del personale (30,7%), seguono le aziende (29,5%) che hanno indicato di non aver avviato alcuno dei parametri chiave. Sono aziende che per lo più hanno digitalizzato la sola funzione di produzione, o quella degli acquisti (senza piattaforme integrate con i fornitori) o di logistica interna. Tra il 10% e il 16 % delle aziende intervistate ha dichiarato di avere una funzione IT, marketing o piattaforme integrate con i fornitori e solo l’1,1% di essere in possesso di una certificazione di cyber security.
Il 61,4% delle imprese digitalizzate è dotata di Manager IT interno (52,3%) o esterno (9,1%), l’8% di esperto digitale di produzione, l’1,1% di R&D interna e il 29,5% non presenta competenze digitali ad hoc. Delle imprese non digitalizzate, invece, il 97,9% non ha alcuna competenza digitale specifica e solo il 2,1% ha un manager IT.
Il 68% delle imprese non ha intenzione di effettuare investimenti digitali nel prossimo futuro. Nel loro ambito il 71% non è dotata di processi digitali e, pertanto, non è interessata ad essi. Esiste un 16,8% delle aziende del campione che ha intenzione di lavorare in futuro sull’organizzazione aziendale, un 4,9% sulla formazione e aggiornamento delle risorse umane, un 3,8% sul marketing e sui macchinari di produzione interconnessi, un 2,2% sulla cyber security e un 1,1% sulla manutenzione predittiva.

Per quanto riguarda, infine, gli enti dell’ecosistema per la trasformazione digitale conosciuti dalle imprese facenti parte del campione, si rileva che il gruppo più numeroso (21,1%) è costituito dalle imprese che non ne conoscono alcuno, seguono quelli che conoscono i centri di competenza (18,9%), i centri di trasferimento tecnologico (16,8%) il Digital Innovation Hub (13,5%) e gli enti di ricerca (12,4%). Riportano percentuali inferiori al 10% i PID del Sistema Camerale (8,1%), i dipartimenti universitari (4,9%) e altri enti non meglio specificati (4,3%).

 

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Mauro Febbo. “I dati illustrati questa mattina rivelano perfettamente uno spaccato dell’economia abruzzese di cui eravamo ampiamente a conoscenza e la Regione deve lavorare con i propri strumenti per invertire la rotta”. Questo il commento dell’assessore regionale alle Attività Produttive Mauro Febbo durante l’incontro di presentazione del “Rapporto sull’andamento del manifatturiero abruzzese nell’anno 2018”, realizzato in collaborazione tra Confindustria Abruzzo ed il Cresa. “Se – precisa Febbo – da un lato abbiamo le grandi imprese (e meno male) che continuano a far registrare fatturati con segno positivo, per la loro produzione e l’occupazione, tra l’altro con un export a due cifre, dall’altro lato abbiamo le piccole e medie imprese che continuano a soffrire. Sono circa il 92% del manifatturiero regionale e quindi segnano il passo in maniera negativa sull’andamento complessivo dell’intera economia. Infatti – specifica Febbo –della pubblicazione (pag.4) viene certificato come l’occupazione faccia registrare, a fine 2018, un numero di 109 mila occupati con 9 mila unità in meno e un decremento di -7,9%. A questo dato negativo bisogna aggiungere il sistema creditizio che segna una concessione di credito complessiva paria a (meno ) – 9%”.

“Pertanto – conclude Febbo – è urgente invertire questa tendenza e siamo già al lavoro, con la mia struttura regionale, per incidere immediatamente con i fondi Comunitari della programmazione 2014/2020 cercando di incanalare più risorse possibili in favore delle medio e piccole imprese. Senza dubbio la nostra economia e le piccole imprese hanno bisogno di azioni incisive e la nuova programmazione dei Fondi Comunitari 2021/2027 deve assolutamente tener presente le criticità emerse, incidendo per invertire la rotta e far tornare a respirare anche le piccole attività che sono il cuore della nostra economia”.