L’inquinamento chimico dell’acqua rappresenta, ad oggi, una delle problematiche più sentite a livello planetario, di primaria importanza sia dal punto di vista ambientale, sia da quello sociale. Soprattutto in questo periodo di emergenza sanitaria, tale concetto è diventato un tema centrale all’interno del dibattito mondiale: l’acqua dovrebbe essere un bene tutelato, sicuro ed accessibile a tutti; una “necessità” al fine di rispettare tutte le norme igienico sanitarie per prevenzione e cura della salute degli individui, a maggior ragione durante una pandemia di Coronavirus. L’acqua è un bene comune universale che dovrebbe essere garantito dalla società in cui quotidianamente viviamo.
Da anni, però, fiumi, laghi e falde della Penisola non godono di buona salute, minacciati dall’inquinamento chimico, da attività agricole non sostenibili, industrie, ma anche dal sovrasfruttamento delle acque a scopo prettamente idroelettrico. Un argomento su cui si era molto soffermata anche la stessa Unione Europea che, con la Direttiva 60/2000/CE “Acque”, aveva spinto sul tema stabilendo che, entro il 2015, tutti i fiumi e tutte le acque sotterranee avrebbero dovuto raggiungere lo stato ambientale definito “buono”. Un traguardo che, per ora, in Abruzzo non è mai stato raggiunto.
In questi ultimi anni, nella nostra Regione, le cose saranno migliorate?
Abruzzo forte e gentile
L’Arta, Agenzia Regionale per la Tutela dell’Ambiente della Regione Abruzzo, dal 2004 si occupa di monitorare corsi d’acqua ed acque sotterranee con una rete di oltre 100 stazioni di campionamento lungo i fiumi e centinaia di punti di controllo delle acque sotterranee. Per quanto concerne il monitoraggio si ricorda inoltre che, mentre per per i corpi idrici superficiali si prendono in considerazione stato ecologico (con cinque classi di qualità: “cattivo”, “scarso”, “sufficiente”, “buono”, “elevato”) e stato chimico (con due classi: “buono”, “non buono”); per quanto riguarda le acque sotterranee, il monitoraggio è esclusivamente di tipo chimico-fisico per cui, il giudizio, viene riassunto in “buono” o “scadente”.
Con i dati ARTA (Agenzia Regionale per la Tutela dell’Ambiente della Regione Abruzzo), risalenti al 2018, si prendano in esame le acque sotterranee della Piana del Pescara il cui controllo è stato programmato su 19 pozzi, ed i cui prelievi sono stati eseguiti con cadenza trimestrale. Da quanto emerge dai dati raccolti, i valori in aumento rilevati riguardano prevalentemente:
“Programma di monitoraggio per il controllo delle acque sotterranee – risultati anni 2018”, ARTA, tabella 3.13.2. “Rete di monitoraggio chimico 2018 e superamenti valori Soglia/Standard”
Il monitoraggio risalente al 2018 evidenzia, dunque, un acquifero notevolmente contaminato da: cloruri, ione ammonio, nitrati, nichel, cadmio, piombo e organoclorurati. Pertanto, ai sensi dell’art. 4 del D.Lgs. 30/09, il corpo idrico Piana del Pescara (acquifero alluvionale) conferma uno stato chiamino “scadente” dal momento che i siti in corrispondenza dei quali si osservano superamenti dei limiti normativi, sono superiori al 20% del totale dei siti del monitoraggio chimico (33%).
Ma concretamente, questi valori, cosa indicano? Qual è la causa? Per comprendere la situazione della Piana, è importante commentarli nel dettaglio.
Viene registrata innanzitutto una importante presenza di nitrati e di ione di ammonio, indice di forte inquinamento dal punto di vista di un’attività agricola sicuramente non sostenibile; i nitrati, ad esempio, sono rifiuti provenienti principalmente dall’unione di fertilizzante naturale e compost, destinato prevalentemente ai campi, ma che si riversa inevitabilmente anche nell’allevamento e nel sottosuolo.
In una Regione verde come la nostra, l’uso eccessivo di tale concime è tra le principali cause della contaminazione delle acque sotterranee, nonché dell’acqua potabile, spia di un’economia sotto tanti punti di vista ancora non al passo con la sostenibilità di cui si necessiterebbe.
Sintomo di un forte inquinamento industriale presente nella zona è la presenza di metalli pesanti come cadmio e piombo, ma soprattutto i numeri dei solventi clorurati (tetracloroetilene e tricloroetilene) che, invece, sono veri e propri prodotti chimici, che si abbattono rapidamente nell’aria e nell’acqua superficiale ma che spesso riescono a raggiungere l’acqua sotterranea contaminando la falda.
Per ultimo, ma non per importanza, il cloruro di vinile è presente con valori altissimi rispetto alla media. Secondo “Acque potabili – Parametri” , studio del 2016 messo a disposizione dal Ministero della Salute, il cloruro di vinile è usato principalmente per la produzione del polivinilcloruro (PVC), sempre più frequente, in alcuni Paesi, per le tubazioni negli acquedotti. Pertanto, la migrazione del cloruro di vinile dalle tubazioni in PVC è una possibile fonte della presenza nell’acqua potabile.
Sempre nello stesso studio, però, vengono sottolineati i vari effetti sulla salute dell’individuo in questo senso: “Il cloruro di vinile è rapidamente assorbito dopo somministrazione orale o inalazione. La più elevata concentrazione di metaboliti si trova nel fegato, nei reni e nella milza. Il metabolismo del cloruro di vinile è dose dipendente e saturabile: basse dosi sono escrete principalmente attraverso le urine; con dosi progressivamente più elevate, una porzione sostanziale viene eliminata immodificata attraverso l’aria espirata. L’esposizione attraverso l’acqua potabile causa angiosarcomi epatici, ma solo a dosi elevate. Gli effetti dell’esposizione cronica per via inalatoria comprendono: il fenomeno di Raynaud, una dolorosa alterazione vasospastica delle mani; pseudosclerodermia”.
Infine, vengono sottolineati nuovamente i valori guida: “La OMS ha stabilito un valore guida di 0,3 μg/L. La Dir. 98/83CE ed il suo recepimento il D.Lvo 31/2001e s.m.i hanno fissato un valore di parametro di 0,5 μg/L”. Un valore decisamente più basso rispetto al nostro 433 μg/L.
Ci siamo chiesti da dove nascano queste problematiche, i motivi di questo fortissimo inquinamento, chi sono i responsabili di questa situazione? Ma soprattutto, quali sono le possibili conseguenze sulla salute della popolazione e delle zone limitrofe a rischio ormai in uno stato di generale abbandono?
Gli studi dell’Istituto Superiore di Sanità, in particolare lo studio del 2014 di Sentieri sulle aree inquinate, ha messo in evidenza quanto l’esposizione ambientale giochi in realtà un ruolo causale nel determinare il peggioramento di diversi indicatori dello stato di salute della popolazione, con impatti su diverse malattie.
Ad oggi tali problematiche non sono state ancora prese in considerazione e risolte. I dati odierni potrebbero essere peggiori rispetto a quelli che abbiamo in questo momento? Non un caso isolato, ma una realtà poco discussa, ignorata in tutto l’Abruzzo ma non questo poco
presente o rilevante. Si pensi all’area industriale di Chieti e Pescara, che vivono una condizione di contaminazione fortissima, alle zone limitrofe abbandonate, in cui le bonifiche non sono andate mai avanti. Si pensi ai percolati che finiscono in falda dal traforo del Gran Sasso, si pensi alla discarica di Bussi con le foto choc dei veleni che hanno fatto il giro del Paese mentre noi eravamo propri qui, a pochissimi chilometri. E non solo.
Tornando ai corpi idrici sotterranei, nella tabella si riassumono i risultati del monitoraggio 2018, svolto sempre dall’ARTA, riportando, per singolo corpo idrico sotterraneo, solo i punti della rete che hanno superato il valore Soglia/Standard annuo previsto dalla norma. In un quadro più ampio, dunque, si comprende innanzitutto, e non a caso forse, che il problema non sia esclusivo della Piana del Pescara, ma di tutta una serie di copri idrici sotterranei
presenti nella nostra Regione. Ancor più, inoltre, si nota la prevalenza in ognuno di essi di un altissimo (e preoccupante) numero di nitrati, metalli, solventi, ione ammonio. Dalla Val Vibrata alla Piana di Sulmona, dal Sangro al Tronto, tutti siti ad oggi ancora a rischio e da tenere sotto uno stretto controllo chimico-ambientale. Un’emergenza sotto ogni punto di vista. Perché non si parla quotidianamente delle bombe ecologiche presenti in Abruzzo? Dove sono finiti i Green Deal? Cosa si può concretamente fare per migliorare questa situazione? O meglio, si sta facendo qualcosa? A che punto ci troviamo con le bonifiche? Sono state avviate?
La salute, soprattutto in questo periodo di emergenza sanitaria che da mesi stiamo combattendo, dovrebbe esser messa al primo posto, e allora ci chiediamo se siano presenti tracce di questi inquinanti anche nell’aria che respiriamo, nelle acque superficiali che vanno ad irrigare i nostri campi, in quella che esce dai nostri rubinetti. Il cibo che arriva sulle nostre tavole potrebbe essere contaminato? Da quanti anni questa situazione va avanti ma soprattutto, quali sono i rischi a cui stiamo seriamente andando incontro? Nel quinto rapporto di Sentieri (studioso sopracitato), risalente al 2019, viene presa in analisi proprio l’area di Bussi sul Tirino che conta più di 85000 abitanti e ben 11 comuni (Chieti, Alanno, Bolognano, Castiglione a Casauria, Manoppello, Popoli, Scafa, Rosciano, Tocco da Casauria, Torre de Passeri, Bussi sul Tirino); qui si afferma che: “La mortalità generale, così come quella per i singoli grandi gruppi di cause, è in linea con quella della popolazione regionale in entrambi i generi, tranne la mortalità per malattie respiratorie, in eccesso nei soli uomini, e per le malattie dell’apparato digerente nelle sole donne” – e poi ancora – “i risultati riportati evidenziano tra i residenti nel sito eccessi, rispetto al resto della popolazione regionale, di specifiche patologie per le quali l’esposizione a contaminanti presenti nelle acque potabili può aver giocato un ruolo causale o concausale, e di patologie a carico dell’apparato respiratorio”.
Inoltre si raccomanda di “procedere rapidamente alle opere di messa in sicurezza e bonifica ambientale previsti dalla legge, nonché a tutti quegli interventi volti alla riduzione delle esposizioni anche potenziali a contaminanti da parte delle popolazioni”.
Questi dati richiedono ovviamente ulteriori studi specifici, così come sottolinea anche l’ISDE in merito al report sopra citato, che però ricorda che “nello specifico, a Bussi, si evidenzia una mortalità per malattie del sistema respiratorio del 9% in più tra gli uomini e tra le donne del 14% di eccesso per le malattie dell’apparato digerente. […] Si evidenziano eccessi di ricoverati anche nelle classi più giovani (0-1, 0-14, 15-19 e 20-29 anni) per tutte le cause e, nello specifico, per asma”.
Forse province e autorità sanitarie dovrebbero scavare più a fondo, dovrebbero portare avanti questi studi e a fornire nuovi dati aggiornati per dare risposte concrete alla popolazione abruzzese, nuove proposte.
“Settembre. Andiamo è tempo di migrare. Ora in terra d’Abruzzo i miei pastori lascian gli stazzi e vanno verso il mare, vanno verso l’Adriatico selvaggio che verde è come i pascoli dei monti” (Gabriele d’Annunzio). La nostra Regione è una Regione verde, dal mare alla montagna, e con tantissimi borghi tra “i più belli d’Italia”, D’Annunzio lo sapeva bene. È la nostra terra, preserviamola. È la nostra salute, difendiamola.
Naomi Di Roberto