La distribuzione geografica e geopolitica dei ministeri fotografa un’imbarazzante marginalizzazione del centro-sud e di alcune aree in particolare. Tanto più imbarazzante se si considera che il Governo Draghi è stato presentato, sin da prima che nascesse, come il governo dei ‘migliori’. Si può pensare che i ‘migliori’, questa nuova ‘aristocrazia’ della politica e della società civile, nascano solo in alcune regioni italiane, e che nelle altre – evidentemente – nascano solo i ‘peggiori’? Spero che nella squadra di viceministri e sottosegretari si proceda a un minimo di riequilibrio.
Ovviamente, non metto in questione le qualità umane, politiche e morali dei ministri appena nominati, di molti dei quali sono amico personale e sincero estimatore. Faccio in particolare i miei auguri personali di buon lavoro – oltre che a tutto l’Esecutivo – a Massimo Garavaglia, Ministro del Turismo, settore di cui l’Abruzzo guida la Commissione speciale della Conferenza delle Regioni; a Maria Stella Gelmini, con la quale sarà un piacere lavorare (ormai quasi quotidianamente) in Conferenza Stato-Regioni; a Giancarlo Giorgetti, con il quale ho vissuto in Ufficio di Presidenza della Commissione Bilancio la mia prima esperienza parlamentare; a Renato Brunetta, al quale nel mio messaggio di auguri e congratulazioni ho già trasmesso il ‘compito’ di risolvere la vexata quaestio della stabilizzazione dei lavoratori degli uffici della ricostruzione; a Erika Stefani, che ho conosciuto e apprezzato come collega nel suo breve periodo di responsabile delle Autonomie; e, in ultimo, un particolare saluto a Mara Carfagna, che come Ministro del Sud e della Coesione avrà il compito in prima persona di fugare le perplessità – se non le paure – che lo squilibrio territoriale della compagine governativa solleva.
Alla quale sottoporrò subito l’esigenza di onorare gli impegni assunti ma non mantenuti dal suo predecessore in merito alla nomina del commissario della ZES e al rifinanziamento dei fondi europei e nazionali ‘riprogrammati’ per l’emergenza Covid.
Resta, però, il tema di fondo: è normale che su 23 ministri 13 sono lombardo-veneti? Che sotto l’Emilia-Romagna non vi sia una Regione che meriti una rappresentanza? Tutta l’Italia centrale, Roma esclusa (Giovannini e lo stesso Draghi), vale a dire Toscana, Umbria, Marche e il resto del Lazio sono assenti. Nessuno nelle isole maggiori (quelle isole che hanno espresso più di un Capo dello Stato…). In tutto il sud, solo 4 ministri, dei quali uno al ministero del… sud (e ci mancherebbe altro). E solo uno (Speranza) con una minima capacità di spesa sul territorio, perché gli altri due (Esteri e Interni) non incidono certo nella distribuzione di risorse, infrastrutture, investimenti. Concentrati in due sole regioni, peraltro (Campania e Basilicata). Tolto uno ‘strapuntino’ per la Puglia con il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, tutto l’asse adriatico (Marche compresa) al di sotto dell’Emilia-Romagna è escluso da Palazzo Chigi. Sarà un caso che le aree meno sviluppate e più in sofferenza, siano così marginalizzate dal centro decisionale del paese?
Spero davvero che si apra una riflessione seria su questo tema, che non mi si risponda che è tutto un caso o uno scherzo del destino, e che – soprattutto – mi si dimostri nei fatti che gli investimenti in infrastrutture, crescita economica e coesione sociale e territoriale saranno fatti con equilibrio e attenzione, per ridurre le distanze invece di aumentare il divario storico che affligge il sud e rende l’Italia intera meno competitiva.