Incontriamo l’avv. Salvatore Braghini, Presidente regionale dell’Associazione Antigone Abruzzo (che si occupa in Italia e in Europa delle condizioni dei detenuti) per conoscere qual è lo stato degli Istituti di pena nella nostra regione all’indomani della conferenza di presentazione del XV Rapporto di Antigone sulle condizioni di detenzione, “Il carcere secondo la Costituzione“.
Presidente, cosa dicono sulla condizione carceraria i dati a disposizione di Antigone Abruzzo?
Proprio in questi giorni registriamo che nel carcere dell’Aquila due detenute del reparto di massima sicurezza sono in sciopero della fame dal 29 maggio al fine di protestare per l’isolamento a cui sono costrette e l’eccessività rigidità del carcere. Più in generale la piaga del sovraffollamento, dell’autolesionismo e dei suicidi, che il 2018 ha visto aumentare in Italia, con 63 episodi, rispetto al 2017, non risparmia le carceri abruzzesi. Troviamo un indicatore preoccupante del disagio della comunità carceraria nelle aggressioni agli agenti di polizia da parte dei detenuti, come ci racconta la cronaca relativa ai fatti più gravi, con le violenze di inizio anno nel carcere di Teramo e, andando indietro ad un anno fa, con un detenuto nell’ala di alta sicurezza del penitenziario di Sulmona che ha ferito un agente gettandogli addosso olio bollente. Ricordiamo poi il detenuto che si è suicidato impiccandosi nel carcere San Donato di Pescara nel maggio del 2018.
Castrogno sembra essere il carcere più sovraffollato?
In Italia, dopo 5 anni, i detenuti sono tornati ad essere oltre 60.000, con un aumento di circa 2.500 unità rispetto alla fine del 2017 e circa 10.000 persone oltre la capienza regolamentare. Rispetto alla media nazionale dei penitenziari visitati da Antigone nel 2018, che si attesta al 117,9%, quasi tutti gli istituti in regione registrano un certo sovrannumero della popolazione carceraria. Da notare il tasso di sovraffollamento di Castrogno-Teramo (149,%), con picchi di 400 presenze nel 2018, che hanno sollecitato, insieme ad altre criticità, ben 4 interrogazioni parlamentari. La casa circondariale di Avezzano, dove i detenuti entrano ed escono continuamente, registra la percentuale più alta di stranieri (40%), ben superiore alla media nazionale (34%).
L’edilizia carceraria che carenze evidenzia?
Gli edifici sono spesso privi di manutenzione e bisognosi di ristrutturazioni. Si registra poi la mancanza di spazi adeguati. I 3 mq sono garantiti molto al limite, e le celle sono generalmente senza docce e acqua calda. Permangono barriere architettoniche anche dove vi sono ristretti con disabilità motorie. Non è raro imbattersi in muffa sulle pareti, assenza di adeguata aerazione per mancanza di finestre, elementi elettrici scoperti, ruggine sul termosifone e materassi consunti. A Pescara, Chieti ed Avezzano gli spazi per le attività trattamentali sono molto ridotti. A Teramo, zona sismica, non ci sono vie di fuga sicure in caso di terremoto e la struttura, isolata, è raggiungibile solo con l’automobile. Al supercarcere di Sulmona è in costruzione un nuovo padiglione che porterà la capienza a 700 posti, laddove già si registra la presenza di ben 280 detenuti nel circuito di alta sicurezza, la maggior parte dei quali ergastolani, con notevoli problemi di gestione.
Spesso si è letto sui media di interventi dei sindacati della polizia penitenziaria, come mai?
La polizia penitenziaria soffre una progressiva riduzione di unità in servizio in tutti gli istituti regionali e nazionali. Ciò suscita molta preoccupazione, specie quando la consistenza del personale non si adegua all’incremento di detenuti, come nel caso di Lanciano, dove è stata aperta una nuova sezione detentiva e i sindacati hanno proclamato uno stato di agitazione. Una popolazione detenuta assai eterogena e complessa come quella attuale determina pesanti condizioni di lavoro per gli agenti e incombe il rischio del burn out. Se poi si compara la riduzione dell’organico degli educatori in confronto al taglio dell’organico della polizia penitenziaria, le contrazioni pesano in maniera anche più incisiva sui primi.
Ma resta il nodo irrisolto del Garante dei detenuti?
Già, la Regione in questo si è mostrata inadempiente, dopo ben 9 anni dall’approvazione della legge. Tale figura potrebbe, invece, dare un impulso a quelle virtuosità appena elencate ed affrontare le criticità in modo professionale, aiutando a rendere i detenuti più consapevoli dei loro diritti e forse anche a creare le condizioni per avvicinare il carcere al mondo esterno. Chissà se questa legislatura ci dia il primo Garante regionale!
I DATI