Dopo il petrolio ora il pericolo per l’Abruzzo è il gas scisto

L’Aquila. “Il gas ed il petrolio di scisto rappresentano per alcuni la nuova frontiera della ricerca di fonti energetiche non convenzionali: l’Europa con la Raccomandazione e Comunicazione Strategica presentata il 22/01/2014  usa l’argomento della decarbonizzazione, pur consapevole del grande impatto di queste fonti non convenzionali”.

Lo hanno denunciato Legambiente Abruzzo, Coordinamento No Triv e WWF Abruzzo, specificando come “l’Italia viaggia nella confusione, Paolo Scaroni (Eni) apre a questa nuova ed inquietante frontiera con un eloquente “L’Europa apra allo shale gas”, il Presidente del Consiglio, Enrico Letta, a pochi giorni dal suo insediamento si esprime favorevolmente, smentendo la SEN, mentre a settembre scorso, la Commissione Ambiente della Camera votava una risoluzione che vietava attività di fracking, detto anche shale gas. Come spiega il giurista Enzo Di Salvatore ‘il 22 gennaio scorso la Commissione ha presentato una Comunicazione Strategica e una Raccomandazione con l’obiettivo di mettere a punto un quadro per la sicurezza e la protezione dell’estrazione di idrocarburi non convenzionali nell’UE. Con la sua Raccomandazione, che, com’è noto, è un atto non vincolante, la Commissione invita gli Stati membri – che consentano all’utilizzo di tale tecnica – a valutare l’impatto ambientale e i rischi che le attività relative determinerebbero prima di rilasciare le autorizzazioni’. Ebbene, entro il 6 marzo le Regioni avranno tempo per inviare le eventuali osservazioni al Governo ai fini della formazione della posizione italiana ai sensi della legge 234/2012, in riferimento alle materie di competenza regionale“.

Le tre associaizoni ambientalisiti lanciano l’appello:“dopo il silenzio-assenso della regione Abruzzo rispetto alla richiesta di numerose Intese riguardanti le istanze di ricerca di idrocarburi su terra ferma, dopo l’ambiguo procedere nella questione Ombrina Mare 2, è necessario ed urgente che la Regione inverta la rotta e non sprechi forse l’unica l’occasione utile per affermare il proprio ‘No’ all’impiego della tecnica del fracking in Abruzzo, e si attivi nelle opportune sedi affinché anche le altre Regioni esprimano la medesima posizione. Perché se le attività inerenti lo sfruttamento degli idrocarburi convenzionali è notoriamente di certo impatto, il fracking lo è ancora di più, basti pensare che mentre il gas naturale è intrappolato in rocce-serbatoio sotterranee, il gas di scisto, sebbene sia anch’esso un gas naturale, è racchiuso in rocce che devono essere fratturate affinché possano rilasciarlo. Tale tecnica comporta l’iniezione di elevati volumi di acqua nell’ordine di 1.000 m3 (1milione di litri) pari o superiore, per fase difratturazione, sino ad 10.000 m3 pari o superiore di acqua per l’intero processo di fratturazione in un pozzo, all’acqua vanno addizionate sabbia e sostanze chimiche, alcune molto tossiche, in modo da fratturare la roccia e facilitare l’estrazione del gas o del petrolio. Una tecnica – concludono Legambiente, No Triv e WWF – che oltre ad avere bisogno di volumi d’acqua inammissibili, esercita un impatto micidiale sulle falde acquifere, e genera terremoti”.

 

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