Pescara. La Commissione regionale per le Pari Opportunità plaude al decreto legge sul Femminicidio, ma rimarca la necessità di un percorso di riabilitazione per gli uomini che si macchiano di reati contro la donna e di integrazione socio-economica per donne vittime di violenza.
“Siamo contente noi della Commissione regionale per le Pari Opportunita’ – spiega la presidente Gemma Andreini – per il decreto legge del 14 agosto 2013 che introduce nuove norme per il contrasto alla violenza di genere che hanno l’obiettivo di prevenire il femminicidio e proteggere le vittime. Il decreto, pero’, pur avendo il merito di focalizzare finalmente l’attenzione sulla violenza e gli abusi domestici, mancherebbe in parte il suo bersaglio: una migliore rete di assistenza psicologica, legale ed economica per le donne che decidono di porre fine a una relazione violenta; nonché un sistema di riabilitazione comportamentale per gli uomini, che, soprattutto, in caso di arresto tendono ad accumulare rabbia e a meditare vendetta”.
Un decreto legge nato sulla base delle indicazioni provenienti dalla Convenzione del Consiglio d’Europa, fatta ad Istanbul l’11 maggio 2011, concernente la lotta contro la violenza contro le donne e in ambito domestico di Istanbul, recentemente ratificata dal Parlamento, il decreto mira a rendere più incisivi gli strumenti della repressione penale dei fenomeni di maltrattamenti in famiglia, violenza sessuale e di atti persecutori.
“Secondo il decreto – rimarca la Andreini – vengono quindi inasprite le pene quando: il delitto di maltrattamenti in famiglia è perpetrato in presenza di minore di 18 anni; la violenza sessuale è consumata ai danni di donne in stato di gravidanza; il fatto è consumato ai danni del coniuge, anche divorziato o separato, o dal partner. Un secondo gruppo di interventi riguarda il delitto di stalking: viene ampliato il raggio d’azione delle situazioni aggravanti che vengono estese anche ai fatti commessi dal coniuge pure in costanza del vincolo matrimoniale, nonché a quelli perpetrati da chiunque con strumenti informatici o telematici; viene prevista, analogamente a quanto già accade per i delitti di violenza sessuale, l’irrevocabilità della querela per il delitto di atti persecutori, che viene, inoltre, incluso tra quelli ad arresto obbligatorio. Sono previste poi una serie di norme riguardanti i maltrattamenti in famiglia: viene assicurata una costante informazione alle parti offese in ordine allo svolgimento dei relativi procedimenti penali; viene estesa la possibilità di acquisire testimonianze con modalità protette allorquando la vittima sia una persona minorenne o maggiorenne che versa in uno stato di particolare vulnerabilità; viene esteso ai delitti di maltrattamenti contro famigliari e conviventi il ventaglio delle ipotesi di arresto in flagranza; si prevede che in presenza di gravi indizi di colpevolezza di violenza sulle persone o minaccia grave e di serio pericolo di reiterazione di tali condotte con gravi rischi per le persone, il Pm, su informazione della polizia giudiziaria, può richiedere al Giudice di irrogare un provvedimento inibitorio urgente, vietando all’indiziato la presenza nella casa familiare e di avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa”. Ma, malgrado il decreto stabilisca che i reati di maltrattamenti ai danni di familiari o conviventi e di stalking vengano inseriti tra i delitti per i quali la vittima è ammessa al gratuito patrocinio anche in deroga ai limiti di reddito, questo non basterebbe certo a garantire alle donne un percorso di integrazione, come rivela ancora la Andreini, infatti: “Apportare modifiche al sistema penale senza affrontare la questione di come tutelare le donne vuol dire chiudere gli occhi davanti alla realtà, poiché secondo le raccomandazioni di una task force del Consiglio d’Europa, i paesi europei dovrebbero avere un posto di accoglienza per ogni 10.000 residenti, ragion per cui l’Italia dovrebbe avere circa 5.700 posti disponibili per le donne nei rifugi a livello nazionale, ma al momento ne conta solamente 500. Per spingere a fondo su un lungo processo di riforme legislative e socio-culturali abbiamo bisogno di unire le forze, ecco perché come Commissione regionale stiamo predisponendo una rete di commissioni provinciali e di altri organismi di parità”.
Secondo uno studio realizzato da Eures, un’agenzia dell’Unione europea che controlla gli affari sociali, tra il 2000 e il 2012 sono state 2.200 le donne assassinate in Italia. In media si tratta circa di un omicidio ogni due giorni. Di queste il 75 per cento è stato ucciso dal partner o dall’ex partner. Le Nazioni Unite riportano inoltre, che il 90% delle donne italiane stuprate o che hanno subito abusi, non si è rivolta alla polizia.