Esportazioni abruzzesi a passo di lumaca nei primi nove mesi dell’anno. A rilevarlo è una indagine realizzata per la Cna Abruzzo da Aldo Ronci, secondo cui “un incremento di volume tra gennaio e settembre di quest’anno c’è stato, sì, rispetto all’anno precedente, ma decisamente contenuto: 6.272 milioni di euro, contro i 6.131 del 2016.
Solo che mentre allora la crescita sul 2015 era stata di ben 600 milioni, ora si ferma a quota 141 sul 2016, e dunque con un incremento modesto nell’ordine del 2,3%. Un dato, quello abruzzese, ben lontano dalla media nazionale che è del 7,3%; e ben lontano, l’Abruzzo, dalle regioni leader, visto che si piazza al quint’ultimo posto dalla graduatoria». Dati che fanno dire al presidente della Cna Abruzzo, Savino Saraceni, come «si confermi la debolezza del nostro tessuto produttivo, la sua dipendenza dai grandi insediamenti industriali, la difficoltà delle piccole imprese, la sensazione che le cose non stiano migliorando, che l’Abruzzo arretri”.
A determinare le fortune delle esportazioni regionali resta come il settore della produzione di mezzi di trasporto, integralmente concentrato nella provincia di Chieti, territorio che da solo rappresenta il 70% dell’intero pacchetto di esportazioni abruzzesi. Un comparto, quello della produzione di mezzi di trasporto, che si comporta davvero come barometro delle fortune delle merci abruzzesi all’estero: l’automotive ha infatti ottenuto un incremento di 98 milioni di euro (contro i 43 degli altri prodotti, in crescita dell’1,3%) crescendo in percentuale del 3,3% (5,4% la media nazionale). Anche in questo caso il confronto con dodici mesi fa è negativo: perché allora il saldo tra 2015 e 2016 era stato di 370 milioni, mentre oggi – ovvero tra 2017 e 2016 – si ferma a quota 98.
Disomogenee le variazioni nelle province abruzzesi, con Teramo sugli scudi (65 milioni di incremento), seguita da Chieti (+37), L’Aquila (+32) e con Pescara fanalino di coda (+7). Quanto alla destinazione, l’export verso i Paesi dell’Unione europea cresce di 25 milioni (+0,6%), e di 116 verso i Paesi extra Ue. Dati, questi, che producono in valore percentuale esiti diversi quando il paragone corre con la media Italia: perché se è vero che l’export verso l’Unione europea è lontanissimo dall’aumento medio nazionale (+6,4%), quello verso le altre destinazioni ha più o meno la stessa dimensione, ovvero 8,1% contro 8,4%. L’export dei prodotti agroalimentari, infine, passa da 411 milioni dei primi 9 mesi 2016 a 420 dei primi 9 mesi 2017 ottenendo un incremento di 8 milioni di euro. In valori percentuali le esportazioni dei prodotti agroalimentari registrano un incremento pari al 2,1%, inferiore al dato nazionale che è stato del 6,4%.
Secondo il presidente regionale della Cna, Savino Saraceni, in particolare lo studio rivela come “le piccole imprese confermino la loro sofferenza anche in questo ambito, come del resto avviene nell’accesso al credito o nell’uso dei fondi comunitari: strade dove l’accesso è riservato solo ai gruppi industriali. L’agro-alimentare, ad esempio, potrebbe essere un settore in cui valorizzare, anche ai fini dell’export, il made in Abruzzo, ma anche lì si segna il passo, con numeri francamente di scarso rilievo”. Per il presidente della Cna abruzzese, “le risorse pubbliche, che si fatica a mettere a disposizione del sistema produttivo, con tempi spesso biblici, vanno indirizzate verso il sostegno alle imprese che restano indietro, che non ce la fanno: se le perdiamo per strada arretra tutto il sistema. I grandi gruppi industriali seguono logiche che poco o nulla hanno a che fare con il territorio in cui sono insediati, i piccoli invece no”.