Si restringono in Abruzzo le maglie del credito e a farne le spese sono soprattutto le imprese. Fortuna che a garantire un minimo di ossigeno all’economia regionale sono le piccole banche locali, mentre diminuiscono le esposizioni dei clienti verso gli istituti di credito e il risparmio si conferma pietra miliare del comportamento virtuoso delle famiglie. A rivelarlo è l’analisi condotta da Aldo Ronci per la Cna abruzzese, sui dati relativi all’andamento del credito nella nostra regione nel primo semestre del 2012. Tra gennaio e giugno di quest’anno, dice la ricerca condotta su dati della Banca d’Italia, il credito abruzzese ha subito una restrizione di 130 milioni di euro, realizzando il peggior risultato degli ultimi dieci anni, con una performance negativa pari solo a quella realizzata nel 2009.
In percentuale, la riduzione è stata pari allo 0,52% valore comunque inferiore a quello nazionale (1,06%). Le piccole banche, tra cui quelle con un “cuore” abruzzese (Tercas, Caripe, Carichieti, Carispaq, Bls) hanno confermato la propria attenzione al territorio, garantendo l’erogazione del 52% del credito complessivo, a fronte di una media nazionale del 22%. Questo non ha impedito loro di ridurre il credito erogato di 28 milioni di euro, mentre le restanti banche (di maggiori dimensioni) lo hanno diminuito di ben 102; in valore percentuale, il decremento del credito delle piccole banche in Abruzzo è stato dello 0,21% contro l’1,79% nazionale, mentre per le altre banche in Abruzzo ha segnato lo 0,85% (0,83% in Italia). “Se dunque le piccole banche abruzzesi avessero ristretto il credito con lo stesso valore percentuale dell’Italia (-1,06%)” osserva Ronci “si sarebbe verificato un vero e proprio tracollo, perché in quel caso la flessione sarebbe stata più che doppia, pari a 266 milioni. Il sostegno delle piccole banche al sistema economico abruzzese non è un fatto episodico se si pensa che esse, nel periodo che va dal 2000 al 2011, hanno contribuito in maniera determinante a far sì che il credito alle imprese abruzzesi (+131%) crescesse molto più di quello medio italiano (+110%)”. A fare le spese della forte restrizione creditizia, come detto, sono state soprattutto le imprese: nei loro confronti la riduzione è stata pari a 108 milioni di euro, a fronte di una diminuzione alle famiglie consumatrici per 22 milioni. Tra i settori, incrementi hanno avuto i servizi (92 milioni di euro), mentre hanno segnato diminuzioni l’industria, l’edilizia e le famiglie produttrici (95; 8; 19 milioni di euro). Dal punto di vista territoriale, segno positivo per la sola provincia di Chieti (+0,60%), mentre tutte le altre hanno subito un segno negativo: Pescara (-1,24%), Teramo (-1%), L’Aquila (-0,58%). Capitolo “sofferenze”, ovvero le esposizioni dei clienti che gli istituti di credito non riescono più a incassare: l’analisi della Cna rivela che nel primo semestre dell’anno hanno subito una diminuzione di 80 milioni di euro, anche se resta alto il loro rapporto rispetto agli impieghi: 8,57%, contro una media nazionale del 7,01%. I depositi e il risparmio postale hanno registrato, infine, una crescita di 146 milioni di euro, segnando una netta inversione di tendenza rispetto al 2011, quando erano diminuiti di ben 212 milioni”.
E’ necessario, dunque, un intervento pubblico significativo a sostegno dei confidi, perché il credito rappresenta il punto di maggiore sofferenza per le nostre imprese, come spiega il presidente della Cna abruzzese, Italo Lupo. “Solo pochi giorni fa abbiamo diffuso dati impressionanti sulla morte prematura di centinaia di imprese nella nostra regione, dovuta soprattutto a quella carenza di credito e di liquidità, che in questo periodo rappresenta la vera emergenza del sistema produttivo. Venerdì prossimo porterò all’attenzione della Consulta del Patto per lo sviluppo questo tema, su cui d’altra parte la Cna ha realizzato una convergenza significativa con altre organizzazioni della piccola impresa: ribadiremo la richiesta di impegnare una somma rilevante, 24 milioni di euro dei fondi Fas, per il finanziamento dei confidi, che restano le uniche strutture in grado di aprire le porte del sistema bancario. Da questo punto di vista, poi, chiediamo anche lo sblocco del bando per 15 milioni, impegnati sui fondi Fesr, attualmente fermo a causa dei ricorsi presentati da alcuni operatori”.