Riordino Province, le due ‘escluse’ d’Abruzzo lanciano l’appello: ‘Presidiamo il Parlamento’

palazzo_chigiTeramo e Chieti unite dallo stesso destino. Che può essere racchiuso in una parola sola: accorpamento. È quanto prevede il decreto approvato dal Consiglio dei Ministri sul riordino della Province, che vede la prima, Teramo, unita a L’Aquila, la seconda, Chieti, a Pescara. Ma i due primi cittadini, Maurizio Brucchi e Umberto Di Primio, non ci stanno.

Il sindaco teramano, sin da subito, ha lanciato la proposta di una “marcia” nella Capitale, insieme ai primi cittadini di tutti i Comuni capoluogo destinati alla lenta scomparsa. A lui si unisce oggi il collega teatino, il quale ha voluto inviare una lettera a tutti i sindaci dei capoluoghi di Provincia ed ai presidenti delle Province soppresse affinché mettano in atto, insieme, un presidio davanti al Palazzo Chigi ed al Parlamento, per far in modo che il decreto adottato non venga convertito in legge.

“Non si può far passare il principio in ragione del quale il Governo, calpestando le autonomie degli Enti Locali, la storia e l’economia dei territori, decida del futuro stesso dei nostri Comuni e delle nostre Province, ciò diverrebbe un pericolo per tutti e per primo delle democrazie elettive” commenta Di Primio. “Non si può accettare che la populistica e falsa immagine della soppressione di alcune Province rappresenti la panacea di tutti i mali, mentre continuano ad essere tollerati ed alimentati gli sperperi di Stato e delle Regioni. Non sono affatto contrario ai principi della cosiddetta spending review ed alla necessità, su tutto il territorio nazionale, di contenere l’abnorme spesa pubblica. Quel che contesto, però, sono le modalità che ne hanno ispirato i criteri, che non hanno minimamente toccato le vere fonti di sperpero. A questo punto, temendo che il Governo non eletto ponga la fiducia, vanificando anche l’attività di quei parlamentari che volessero sostenere le nostre ragioni, ritengo necessaria una azione comune di noi sindaci affinché il decreto in questione non venga convertito in legge, il tutto con l’aiuto della tanta gente che in questi giorni sta manifestando contro il provvedimento. Predisponiamo documenti, chiediamo ulteriori incontri, presidiamo Palazzo Chigi ed il Parlamento, insomma mettiamo in atto tutte quelle iniziative che non facciano passare nel silenzio tale decisione”.

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