Stavano cucinando della carne all’interno di un accampamento che avevano allestito nel comune di Castel Del Monte. Avevano acceso un fuoco all’interno di una canalina metallica del barbecue che si è rovesciata e da lì è cominciato l’inferno che, lo scorso agosto, ha devastato 330 ettari del parco del Gran Sasso.
Con l’accusa di incendio boschivo e favoreggiamento personale, gli agenti della Forestale dell’Aquila, hanno chiuso le indagini preliminari a carico di cinque giovani, tutti della provincia di Pescara. Secondo il pm Fabio Picuti i sospettati “per negligenza, imprudenza e imperizia”, hanno causato l’incendio che si è propagato nella vicina area di pascolo percorrendo una superficie di circa 300 ettari di cui 220 per pascolo, 50 di bosco e conifere, e il resto di latifoglie ricadente nel parco Gran Sasso-Laga, a Fonte Macina.
A stringere il cerchio attorno ai ragazzi (inizialmente la procura ne aveva indagati 14, ovvero tutto il gruppo campeggiatori) le testimonianze, le foto e le riprese effettuate con i cellulari, tutti sequestrati. Le fiamme che avevano minacciato anche le auto dei giovani si erano subito propagate fino a Rigopiano, costringendo i soccorritori per 15 giorni ad operare con mezzi aerei e numerose squadre di terra.
La stima dei danni è stata quantificata in un milione e mezzo di euro circa. Alcuni giovani sono accusati di aver sottratto la canalina dal luogo delle indagini, di averla caricata e poi abbandonata ad una quarantina di chilometri di distanza, sul ciglio della strada.