Quest’anno, sino alla fine del mese da poco concluso, la superficie boschiva devastata dalle fiamme è stata di circa 4000 ettari. Vale a dire una superficie 46 volte più grande di quella interessata nei dodici mesi del 2016 (87 ettari – fonte ex Corpo Forestale dello Stato, dato pubblicato sul sito della Regione Abruzzo). E si tratta, al momento, di stime provvisorie purtroppo destinate a essere ritoccate verso l’alto.
Una situazione tremenda che il WWF ha sintetizzato, grazie al certosino lavoro del presidente del WWF Abruzzo Montano Walter Delle Coste, con una animazione al computer. Mese dopo mese compaiono i nomi dei comuni interessati dai roghi e una simbolica fiammella va a depositarsi sulla cartina della regione che, a fine agosto, si presenta – com’è del resto accaduto nella realtà – in gran parte ricoperta dal fuoco.
“Abbiamo preso in considerazione – spiega Walter Delle Coste – soltanto gli incendi che hanno riguardato aree verdi e soltanto quelli che hanno interessato almeno un ettaro di terreno. Ebbene i risultati sono impressionanti. E certamente non basta, per spiegarli, il fatto che il 2017 sia stato sinora caratterizzato da lunghi periodi siccitosi e che l’estate che si va concludendo sia l’ennesima “più calda degli ultimi anni”. La situazione meteo può aver favorito il dilagare delle fiamme ma perché si scatenino gli incendi occorre sempre e comunque l’intervento umano: mozziconi di sigaretta lanciati a bordo strada, fuochi incautamente accessi, auto surriscaldate parcheggiate sull’erba secca… ma soprattutto il “disegno criminale” di cui ha parlato anche il Procuratore Capo di Sulmona Giuseppe Bellelli in relazione ai roghi del Morrone e quasi certamente non solo in quell’area”.
I circa 4000 ettari di bosco bruciati erano parte dei 6000 ettari complessivamente devastati: sono andati infatti in fumo anche praterie e habitat di pregio di rilievo europeo. Le fiamme del resto hanno imperversato per giorni nel Parco Nazionale del Gran Sasso e dei Monti della Laga (Campo Imperatore), ancora più a lungo nel Parco Nazionale della Majella (monte Morrone), hanno interessato il Parco Regionale Sirente Velino e hanno lambito il Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise. E l’emergenza, a dispetto del maltempo, non è tuttora conclusa, come ben si vede semplicemente seguendo le notizie di cronaca di questi giorni.
Un attacco criminoso che va contrastato sul piano giudiziario, ma anche con comportamenti e scelte politiche coerenti con l’immagine di regione verde d’Europa.
Riepiloghiamo: nel periodo 1 gennaio – 31 agosto gli incendi “verdi” sono stati oltre 210, i Comuni abruzzesi interessati dalle fiamme ben 136 (poco più del 44,5% dei 305 totali). La spesa per far fronte all’emergenza è stata calcolata intorno a 1 milione di euro. Il danno ambientale è enorme (e potrebbe essere aggravato da scelte sbagliate per il futuro), anche per le inevitabili e pesantissime ripercussioni sull’economia locale, per possibili futuri problemi idrogeologici e, soprattutto, per le conseguenze sulla salute dei residenti. Le fiamme hanno distrutto polmoni verdi generatori di ossigeno e preziosi assorbenti di gas climalteranti e hanno generato (come rilevato dall’ARTA) Monossido di carbonio (CO), Benzene, Toluene, Polveri PM10, Idrocarburi Policiclici Aromatici (IPA). Inquinanti diffusi nell’aria, nel suolo, nelle acque… Senza dimenticare la biodiversità, vegetale e animale, impietosamente incenerita e i tanti animali terrorizzati e in fuga, facile bersaglio di bracconieri.
È giusto ora ringraziare quanti hanno speso energie contro le fiamme e in particolare i tanti volontari scesi in campo a tutela del proprio territorio ma è pure fondamentale chiedere alla Regione, qui oggi rappresentata dal sottosegretario Mario Mazzocca, di rivedere i propri programmi di prevenzione e di attuare misure che scoraggino l’abbandono delle campagne e delle montagne; e ai Parchi di difendere le aree protette con maggiore convinzione. I cittadini, lo hanno dimostrato, vogliono e sanno essere custodi e difensori sempre e in ogni momento del proprio territorio. La politica deve aiutarli con scelte coerenti con i reali interessi della comunità. Lo abbiamo detto e scritto decine di volte e lo ribadiamo ancora: le uniche grandi opere pubbliche di cui l’Italia e l’Abruzzo hanno realmente bisogno non sono nuove cementificazioni dell’ambiente ma soltanto la messa in sicurezza del territorio cercando di rimediare ai tanti, troppi errori del passato restituendo alla natura il maltolto.