È quanto dichiara il consigliere regionale Cesare D’Alessandro (IdV), dopo che il presidente della FIRA, Rocco Micucci, ha scritto al consigliere dell’’IdV rifiutandosi di consegnare gli atti richiesti, ovvero quelli relativi ai lavori di ristrutturazione dei nuovi uffici.
Non solo. Stando a quanto raccontato da D’Alessandro, sembra che il presidente abbia fatto addirittura intendere che neanche la Regione ha il potere di acquisirli, perché la FIRA “opera in regime privatistico” e sarebbe sottoposta soltanto al controllo del collegio sindacale e della società di revisione.
“Nella sua risposta – tuona D’Alessandro – Micucci fa finta di non ricordare i motivi per i quali è stata istituita la Finanziaria che presiede, ovvero “per lo svolgimento di attività d’interesse generale” e, in particolare, “per l’attuazione della programmazione economica regionale… per lo sviluppo ed il riequilibrio socio-economico e territoriale della Regione, per la piena occupazione e l’utilizzazione delle risorse dell’Abruzzo e per la valorizzazione delle sue risorse imprenditoriali”. Micucci forse non sa, o ancora fa finta di non sapere, che la FIRA è stata ed è affidataria di servizi – in via diretta – per l’attuazione di importanti leggi regionali (contributi per la prima casa, incentivi al turismo, ristrutturazione nei centri storici, nonché incentivi per l’occupazione). Non ci risulta che al riguardo abbia agito in regime di libera concorrenza, mentre sappiamo che per lo svolgimento di quei servizi trattiene a sé un’adeguata commissione”.
Un analogo rifiuto, con le stesse motivazioni, è stato opposto anche alle richieste del consigliere Maurizio Acerbo (Rc). E così entrambi i Consiglieri, che a distanza di due mesi ancora non sono stati messi nella condizione di esercitare il potere di controllo che lo Statuto espressamente riconosce loro, hanno depositato un’interpellanza urgente. In essa chiedono se, a giudizio del presidente Chiodi, la FIRA può rifiutare gli atti, oltre che ai singoli consiglieri, alla stessa Giunta regionale; ma, soprattutto, se Micucci, per l’affidamento dei lavori, poteva eludere le previsioni del Codice dei contratti pubblici.
“E’ possibile – conclude D’Alessandro – che non si sappia a chi sono stati richiesti i preventivi per i lavori di ristrutturazione, per quali importi e chi, effettivamente, ha svolto i lavori? Può la Regione mantenere in piedi una Società che, nei fatti, sfugge a qualsiasi vigilanza da parte dell’Ente che pur la finanzia con fondi pubblici, considerato che a garantire l’adeguato controllo dovrebbe essere, in quanto rappresentante della Regione eletto presidente in seno al Cda, per l’appunto Micucci?”.