Pescara. Gli operatori balneari pronti a chiudere le spiagge per protesta contro la direttiva Bolkestein. Dopo la riunione odierna della Giunta nazionale, Fiba-Confesercenti annuncia lo stato di agitazione contro le aste delle concessioni demaniali.
Chiudere per le spiagge per protestare contro la direttiva Bolkestein, la normativa europea che obbligherebbe i titolari delle concessioni demaniali a sopportare ogni 5 anni un’asta per rinnovare i permessi, con il forte rischio di perdere quanto investito. Da oltre un anno la categoria dei balneatori si batte, cercando l’appoggio degli enti locali e del governo nazionale, ma nella riunione della giunta nazionale della federazione italiana balneatori associati, aderente a Confesercenti, la principale associazione delle imprese balneari abruzzesi, è stato proclamato lo stato di agitazione: “Siamo di fronte ad un governo inerte, che rifiuta il confronto sul decreto legislativo che regolerà le concessioni demaniali”, afferma Antonio La Torre, presidente regionale e vicepresidente nazionale di Fiba. “L’Abruzzo”, dice, “con le sue 800 imprese familiari che gestiscono le spiagge, rischia di essere una delle regioni più colpite: per questo proclamiamo con decisione lo stato di agitazione della categoria. La proposta lanciata alla categoria in agitazione è quelladi una chiusura delle spiagge da effettuarsi entro la fine di luglio. “L’obiettivo è quello di organizzare una manifestazione su tutte le coste italiane per un sabato, con la possibilità di una replica anche durante il mese di agosto”, spiega La Torre, “è il momento di stringere, non è più il tempo delle parole e degli ordini del giorno: in Europa abbiamo trovato disponibilità, sappiamo di avere al nostro fianco il coordinatore nazionale degli assessori al turismo Mauro Di Dalmazio ed il delegato Anci Luciano Monticelli: ora c’è la possibilità di trovare una soluzione, ma il governo deve svegliarsi e l’atteggiamento mostrato finora è inaccettabile. Per questo fin da domani coinvolgeremo i deputati ed i senatori eletti in Abruzzo e gli europarlamentari, perché non si possono mandare in crisi 800 aziende sane”.