la traccia, che rappresenta la testimonianza del più grande dinosauro bipede mai documentato in Italia, è affiancata da una quarantina di altre orme tracciate da dinosauri bipedi e probabilmente carnivori (teropodi) che durante il Cretaceo si trovavano a ‘passeggiare’ lungo le spiagge tropicali simili alle Bahamas che occupavano la zona dell’Italia meridionale.
La scoperta è pubblicata su Cretaceous Research dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) e dall’università Sapienza di Roma.
”Le tracce sono osservabili su una superficie calcarea situata a oltre 1.900 metri di quota” e sono raggiungibili ”solo in assenza di neve dopo un’escursione di circa due ore, partendo dal paese di Rocca di Cambio in provincia de L’Aquila”, racconta Fabio Speranza dell’Ingv, che ha scoperto le tracce nel 2006 insieme al fratello Giulio, ricercatore all’Università Roma Tre.
Data la disposizione quasi verticale della superficie, le orme sono state fotografate solo di recente con l’ausilio dei droni e sono state poi ricostruite in 3D grazie alla tecnica di fotogrammetria digitale, nata in ambiente cinematografico proprio per il film Jurassic Park.
Tra le varie tracce, è subito emersa un’orma in particolare, ”lunga ben 135 centimetri, dove sono riconoscibili le impronte delle dita, la traccia allungata dei metatarsi e il segno dell’articolazione della caviglia”, spiega il paleontologo e geologo Paolo Citton della Sapienza.
”E’ probabile che l’orma, affiancata da una simile e parallela, sia stata lasciata da un terapode gigante accucciato mentre riposava.
Le altre orme vicine, invece, sono alternate e più allungate: forse sono state lasciate da altri dinosauri, almeno due, che camminavano affondando nel fango. E’ però impossibile dire se fossero compagni di viaggio o se le orme siano state impresse in giorni successivi”.
Di certo ”le tracce – continua Citton – potranno aggiungere particolari sulla fauna dinosauriana italiana, oltre a confermare le ripetute migrazioni dal continente Gondwana (che riuniva Africa, Sud America, Antartide, India e Australia) alle piattaforme carbonatiche dell’area mediterranea, che risultavano accessibili con l’abbassamento del livello del mare”.