Quello abruzzese, d’altra parte, si presenta come un vero e proprio caso nazionale: perché all’ordinaria pressione esercitata attraverso i meccanismi nazionali, si aggiungono quei fattori locali (come le addizionali pagate da imprese e famiglie su Irpef ed Irap) legati al ripianamento della voragine debitoria provocata dal sistema sanitario. Tutto, mentre all’orizzonte si profila l’ombra minacciosa di balzelli di prossima introduzione, magari sotto forma indiretta: come l’annunciato pedaggio per chi percorre l’asse attrezzato Chieti-Pescara, o la famigerata “tassa sulle disgrazie”, imposta dal governo per finanziare gli interventi della Protezione civile. Una misura, quest’ultima, che desta scalpore in una regione, come l’Abruzzo, in cui metà del territorio è stata messa in ginocchio dal sisma dell’aprile 2009 che ha colpito l’Aquilano, e l’altra metà – la costa teramana – è stata flagellata all’inizio del 2011 da una spaventosa alluvione.
Confronto, dunque, sulle cifre – la ricerca elaborata da Claudio Carpentieri, responsabile dell’Ufficio Politiche fiscali della Cna nazionale, presentata per l’occasione, promette sorprese – ma anche sugli strumenti per superare questa condizione di svantaggio. Al capezzale del caso fiscale abruzzese, nel dibattito coordinato dal giornalista del quotidiano economico Il Sole 24 Ore, Marco Bellinazzi, la Cna ha chiamato esponenti politici di primo piano, come i senatori Giovanni Legnini e Filippo Piccone e figure istituzionali come l’assessore regionale al Bilancio, Carlo Masci.