Teramo. “Si tratta ormai di una vera e propria ‘emergenza’ legata all’espansione della specie senza più limitazioni o confini: in montagna fino a 10 anni fa, poi sulle colline coltivate ed oggi fino in città o in spiaggia”.
L’ha dichiarato Gaetano Ercole, presidente regionale GADIT, precisando che “le cause biologiche ed ecologiche di questo fenomeno che sta mettendo in ginocchio l’economia della nostra regione, come sostenuto da tutte le fonti autorevoli e accreditate nonché lette e rilette sulla stampa, sono molteplici. Non è questo però che interessa le GADIT in quanto sulle analisi tecniche lavorano già le autorità competenti in materia, come Regione, Province e Parchi, che da anni stanno tentando di mettere rimedio al fenomeno. Quello che interessa le GADIT, invece, è un’altro fattore di cui ancora pochi oggi parlano, che stà dietro la questione cinghiale e che condiziona caldamente le scelte della sua gestione, fattore che gli ambientalisti ed il WWF in primis sta giustamente tentando di far emergere in questi giorni. La questione è molto semplice. Gli agricoltori abruzzesi sono ormai assediati da orde di cinghiali che giornalmente dilapidano il loro reddito; sono loro gli unici a subire questa situazione che è solo l’ennesima tra le tante altre difficoltà che devono affrontare di questi tempi oltre alla burocrazia crescente, i mercati, il caro gasolio, ecc.. Ma il cinghiale costituisce una grandissima e crescente risorsa per il mondo venatorio: la presenza, anzi l’abbondanza, del cinghiale nei territori abruzzesi fa molto comodo principalmente alle squadre, che così si vedono accrescere gratuitamente i propri carnieri venatori”.
Per Ercole “ciascuna squadra ogni anno abbatte circa da 50 a 200 capi, cioè una quantitativo enorme di carne che se casomai dovesse essere venduto ‘in nero’, frutta cifre del tutto dignitose. Gli interessi comuni si incontrano proprio negli ATC dove in Abruzzo, come correttamente sostenuto dal Presidente WWF Di Tizio, si trovano maggioritariamente (circa l’80%) rappresentate le Associazioni venatorie e le Associazioni agricole ed in maniera del tutto irrilevante (5 %) quelle Ambientaliste. Ma non è finita qui: il paradosso ancora più inaccettabile è che in taluni ATC (come quelli teramani) a rappresentare le Associazioni agricole sono molto spesso cacciatori, che ovviamente faranno probabilmente gli interessi di questi ultimi. Quest’ultima precisazione forse è sfuggita casualmente al presidente Morelli! É come avere ‘il diavolo in sagrestia’. Alla luce di ciò potrebbero apparire più comprensibili le difese ‘sperticate’ sull’agire degli ATC da parte del rappresentante della Federcaccia Morelli, che guarda caso è la principale delle Associazioni venatorie abruzzesi presenti negli ATC”.
“Un invito doveroso va rivolto sempre al presidente delle Federcaccia sulle dichiarazioni apparse in un articolo stampa e di seguito riportate ‘dichiarazioni che hanno il sapore del populismo ambientalista, populismo che tante associazioni ambientaliste e agricole, in questi ultimi tempi, hanno scelto di abbandonare in nome di una collaborazione fattiva e proficua’; in primis dovrebbe essere più preciso sui nomi delle associazioni ambientaliste e agricole e non generalizzare com’è suo solito fare, in secundis e non per importanza, gli ricordiamo che la “gestione venatoria” non è sinonimo esclusivo di associazione venatoria! In tal senso la Regione Abruzzo, cui va comunque riconosciuto il merito di far fronte al fenomeno dei danni stimolando anche le Province, potrebbe valutare di affidare la gestione del cinghiale ed il suo “controllo” non solo in via esclusiva agli cacciatori ed agli ATC, cioè a chi potrebbe avere tutt’altri interessi che non quelli di ridurre la presenza della specie sui territori, ma anche a tecnici faunistici. E gli effetti di questa ‘Santa alleanza’, come l’ha definita Di Tizio del WWF, potrebbero essere già stati visti in diverse fasi della gestione del cinghiale: ad esempio a Teramo nel probabile stangheggio dell’approvazione del Piano quinquennale di controllo dello scorso anno (apparso lungamente sulla stampa locale); si vedono nei verosimili ritardi con cui ogni anno vengono avviate le operazioni di controllo; si vedono ancora nella strenua difesa delle ZRC cioè in quelle ‘riserve’ in cui la caccia chiusa favorisce la proliferazione dei cinghiali ed il suo effetto ‘serbatoio’ sui territori di caccia circostanti; si ritrovano infine nelle deboli operazioni di controllo che gli ATC hanno condotto quest’anno a caccia chiusa, cioè quando il fenomeno dei danno è massiccio”.
Ercole chiede alla Regione, che “tra pochi giorni dopo il passaggio delle competenze provinciali riotterrà (deo gratias) lo scettro della materia venatoria, di aprire un tavolo ‘equilibrato’ e senza il predominio dei cacciatori in cui modificare il Regolamento Regionale degli ungulati e inserendo delle normative per il per il rispetto degli obblighi e dei divieti verso il Regolamento stesso”.