Un attacco duro e preciso nei confronti di chi, in Regione, “gioca” sul labile confine che c’è tra funzionario regionale, tecnico e docente dei corsi obbligatori destinati ai cacciatori. E’ il mondo venatorio abruzzese nel suo insieme che scende sul piede di guerra, chiedendo alla Regione l’accesso agli atti che ha, di fatto, impedito a otto ambiti territoriali abruzzesi su undici di prorogare la caccia alla beccaccia, nonostante ne avessero le condizioni.
In una conferenza stampa tenuta questa mattina a Teramo, alla quale hanno partecipato i rappresentanti delle Atc delle quattro provincie insieme a quelli delle associazioni venatorie, è stata contestata la modifica del calendario venatorio riguardante il volatile in maniera unilaterale da parte della Regione, penalizzando in maniera pesante la categoria dei cacciatori.
“Abbiamo subito un grosso danno a causa dell’incompetenza dell’ufficio tecnico regionale”, ha commentato Franco Porrini dell’Atc Vomano, spiegando come, nonostante il suo ambito abbia rispettato i criteri e i tempi della delibera regionale riguardante la relazione sui censimenti, gli uffici regionali abbiano contestato dapprima la percentuale del territorio controllato e poi abbia richiesto le cartografie che, però, erano state inserite già nella richiesta lo scorso maggio. “Il danno oramai è stato fatto”, continua Porrini, “ma vogliamo valutare se ci sono le condizioni per chiedere i danni al dirigente e all’assessore regionale”.
Più diretto, invece, è Ermano Morelli, presidente regionale di Federcaccia il quale chiede espressamente le dimissioni di Dino Pepe che, a suo dire, ha mal gestito la questione, ricordando anche come, a differenza di come riportato qualche giorno fa dalle Gadit, secondo le direttive europee la beccaccia non è più inserita tra le specie a rischio ma risulta demograficamente stabile. Inoltre ha ribadito l’unicità del caso Abruzzo che, a differenza delle regioni vicine che concludono la stagione il 31 gennaio, interrompe la caccia il 10 e ha ripetuto l’offerta fatta all’assessore di utilizzare, in maniera gratuita, un programma già in funzione anche in altre regioni italiane, per segnalare la selvaggina cacciata.
“Non vogliamo pensare che dietro queste decisioni ci siano interessi particolari”, aggiunge Francesco Sabini dell’Atc Salinelli, “visto che ci sono molti soldi che girano anche intorno ai corsi di formazione, spesso tenuti da persone molto vicine agli uffici regionali”.
I cacciatori, infine, si dichiarano pronti a fare tutta la propria parte ma chiedono alla Regione una maggiore serietà e chiarezza visto che la presenza di così tanti cavilli, che riducono in maniera sostanziale la possibilità di coltivare la loro passione, rischia di far allontanare sempre di più le persone da questo mondo, limitando anche la funzione di controllo del territorio che durante le loro battute possono svolgere.