Federalismo demaniale, primo sì al passaggio dallo Stato agli enti locali

_politica-genericoRoma. La bozza di federalismo fiscale discussa il 13 maggio scorso dalla commissione bicamerale ha avviato la possibilità di trasferire molti beni statali agli enti e alle autonomie locali, sebbene con procedure di alienabilità immutate, aprendo la strada alla possibilità per Comuni, Province e per lo Stato di fare cassa svendendo caserme e aeroporti, ma anche miniere, terreni, laghi e fiumi, parti di paesaggio che costituiscono un patrimonio unico per il Belpaese.

Anche l’Abruzzo è interessato dal provvedimento, seppure non si conosca ancora quanti e quali beni verranno trasferiti alla Regione e, soprattutto, il numero e le caratteristiche di quelli alienabili. Sul sito dell’Agenzia del Demanio, alla pagina http://www.agenziademanio.it/export/download/demanio/UG_gennaio.pdf si scopre che i beni in uso governativo ubicati nella Regione sono circa 500, divisi tra le quattro Province. Le schede non individuano la natura del bene, ma, stante la colonna riportante i valori in euro degli immobili, si evidenziano complessi immobiliari notevoli (vedi i circa 48 milioni di euro di un immobile in Chieti Scalo) che sicuramente coincidono con caserme, ex ospedali, uffici ministeriali, ecc.

In provincia di Chieti, oltre al capoluogo, appaiono le città di Casalbordino, Gissi, Lanciano, Palena, Schiavi d’Abruzzo, Torricella Peligna e Vasto, mentre la provincia de L’Aquila vede il capoluogo di Regione seguito da Ateleta, Avezzano, Balsorano, Campo di Giove, Celano, Collarmene, Gioia dei Marsi, Magliano dei Marsi, Ovindoli, Roccaraso, Secinaro, Sulmona. 
Il patrimonio dello Stato relativo a Pescara tocca, oltre alla città adriatica, i comuni di Caramanico Terme, Carpineto della Nora, Civitella Casanova, Farindola, Montesilvano e Popoli, mentre la provincia di Teramo comprende, insieme al capoluogo, Colonnella, Giulianova, Roseto degli Abruzzi, Tossicia e Valle Castellana.

L’idea sembra buona: riportare in capo agli Enti locali, per il principio della sussidiarietà, il possesso dei beni demaniali è cosa apprezzabile. Se si riuscisse ad inserire un vincolo che inibisce la vendita di beni di importanza fondamentale per la collettività, l’operazione sarebbe certamente degna di lode e costituirebbe un primo passo tangibile, concreto e fruttuoso verso la valorizzazione degli enti locali. La rivalutazione, poi, interesserebbe in primis i beni stessi, oggetti del passaggio. Regioni, Province e Comuni avrebbero certamente un maggiore interesse rispetto allo Stato centrale ad adoperarsi per ottimizzare, rivalutare, tutelare e potenziare il patrimonio che ricevono, avendone anche maggiore cura poiché esso costituisce una parte importante del loro territorio.

Così com’è formulato attualmente, tuttavia, già questo primo parere di commissione solleva numerosi dubbi e perplessità, per lo più legati al rischio di privatizzazione, aggravato dalla speculazione, che in questo momento è più che mai concreto. Come se non bastasse, i tempi imposti dal governo non aiutano: entro il 21 maggio 2011, infatti, l’intero processo dovrà essere completato. Considerato che al momento non è stato neanche terminato il censimento dei beni e delle aree che saranno oggetto del trasferimento, il pericolo che la fretta impedisca di porre rimedio alle criticità rilevate è molto serio. 

Raffaele Di Marcello

 

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