Pescara. Uno studio approfondito ed accurato quello presentato questa mattina presso il Caffè letterario di Pescara da WWF e Legambiente Abruzzo, il tema è sempre lo stesso: “petrolio pericolo da prevenire”. Dante Caserta, consigliere nazionale WWF Italia e Angelo Di Matteo, presidente Legambiente Abruzzo hanno illustrato nello specifico il disegno di legge presentato lo scorso maggio, dal Presidente regionale, Gianni Chiodi che dovrebbe andare a modificare la Legge Regionale n. 32 del 18 dicembre 2009, in cui si stabilivano provvedimenti urgenti a tutela del nostro territorio.
Dati ufficiali quelli analizzati dalle associazioni, provenienti direttamente dal Ministero dello Sviluppo Economico. Se ne evince un quadro alquanto preoccupante però, all’orizzonte resta presente la macchia della deriva petrolifera, che anziché arretrare si avvicina sempre più alla Regione Verde, soprattutto la dove le proposte di interventi legislativi sembrerebbero non avere il potere di incidere nel concreto su un progetto che piomba dai piani alti, a decidere le sorti della nostra Regione infatti sarebbe esclusivamente il Governo nazionale. Oggi il 51,07% di territorio abruzzese è interessato da richieste o concessioni di ricerca, estrazione o stoccaggio di idrocarburi. Le operazioni sarebbero però concentrate in maniera quasi totalitaria sulle tre province costiere, Teramo, Pescara e Chieti, se la battono, gravitano tutte intorno ad un preoccupante 70%, mentre l’entroterra aquilano, con il suo 29%, sembrerebbe quasi esente. Comuni in cui risiederebbe l’80% della popolazione, in cui sarebbero concentrate la quasi totalità delle attività agricole e produttive. La preoccupazione sembra accrescere, quando il Presidente Chiodi impugna una legge per la quarta volta, e all’orizzonte si prospettano solo incertezze. Poche le garanzie della Legge Regionale n. 32/2009, in vigore, ma con un vantaggio certo di vietare le attività inerenti gli idrocarburi praticamente su tutto il territorio regionale. Quello che invece sembrerebbe venir meno con la nuova proposta sottoscritta da Chiodi, “un passo indietro rispetto a quanto era stato approvato nel dicembre del 2009” dice Angelo Di Matteo. Nello specifico, il disegno di legge in nessuna parte del territorio regionale vieterebbe le attività di ricerca ed estrazione (contrariamente al precedente), ma si limiterebbe a rinviare all’intesa tra Stato e Regione, dove dovrebbe essere la Regione a far valere le proprie competenze. “La Regione non ha la tecnicità per valutare l’impatto ambientale, e questo significherebbe mettersi nell’angolo rispetto al Governo nazionale, lasciando carta bianca”, continua Di Matteo. Quindi mentre prima si diceva che c’erano territori off-limits, oggi nessuna salvaguardia per la nostra Terra sembrerebbe prospettarsi e se le procedure partono risulterebbe alquanto difficile fermarle. Quindi se il Presidente Chiodi dice che a non essere interessato da idrocarburi è l’80% del territorio, le associazioni ambientaliste rispondono con una smentita: “falso perché a non essere interessato è il 72%, valutando il territorio in toto però, e trascurando la reale concentrazione che si svilupperebbe quasi esclusivamente lungo la costa.
Il problema quindi continuerebbe a ripresentarsi, cambiando l’ordine degli addendi il risultato sembrerebbe lo stesso, Abruzzo a rischio impatto ambientale. Legambiente e WWF continuano invece il tam tam informativo, chiedono chiarezza e protezione e rimandano l’appuntamento a mercoledì 23 giugno, data in cui a L’Aquila si terrà un consiglio straordinario per discutere degli effetti del petrolio sulla nostra Terra.
Monica Coletti