In una inchiesta di Emilio Casalini, Report del 13 maggio 2012, “Com’è andata a finire? Spazzatour 2” sull’indotto del progetto “Sistri”, il sistema di tracciabilità dei rifiuti voluto dal Ministero dell’Ambiente e affidato a Selex, azienda di Finmeccanica, l’indagine giornalistica si concentra sui costi per la lavorazione delle chiavette USB necessarie all’identificazione degli utenti e, soprattutto, sulle strane trasferte di tecnici mandati in missione fuori sede a fare poco per poi scivolare nell’inattività. Da annotare che i lavori sono stati commissionati, senza gara pubblica, a una azienda, la Abruzzo Engineering, sprovvista del “Nulla Osta di Sicurezza Aziendale”. La redazione di Milena Gabanelli mi ha contattato in seguito alle mie esternazioni pubbliche e appelli. Il presidente della Abruzzo Engineering, Francesco Carli, già ascoltato assieme al presidente della Edim Security, Francesco Paolo Di Martino, dalla commissione bicamerale d’inchiesta sul Ciclo di rifiuti, ha dichiarato pubblicamente di non sapere perché i dipendenti dell’azienda che presiede siano stati inviati fuori regione a svolgere mansioni inerenti il progetto Sistri e che la domanda andava posta alla società committente. A insaputa di una altissima carica della società in house alla Regione Abruzzo, sono stato comandato fuori regione, a centinaia di km di distanza dalla mia residenza, a lavorare soltanto un mese e mezzo su cinque, con uno stipendio medio di 1700 euro e un picco di 2192,00. Nel frattempo, il Governatore degli Abruzzi, Gianni Chiodi ha dato i numeri. Eccoli puntuali riportati di seguito: (…) “purtroppo in Abruzzo si è già investito molto e male nella banda larga. Avevamo a disposizione 40 milioni di euro dall’Europa che sono stati sperperati dal carrozzone politico di Abruzzo Engineering, così alla fine il progetto è costato 110 milioni di euro ed è stato fatto davvero poco”. (…) “Tutto nasce – spiega – dall’incapacità di assolvere al ruolo della società in house Abruzzo engineering, che ha avuto sino a 265 dipendenti, assunti perlopiù in maniera clientelare e senza un reale know how”. (…) “Sa qual è il paradosso? Che da quando è stata messa in liquidazione – conclude Chiodi – per la prima volta, lavorando con il Comune e Provincia dell’Aquila sul post terremoto, con appena un centinaio di tecnici, Abruzzo engineering, ogni giorno produce utili”. (…) Quindi, dalla messa in liquidazione del “carrozzone politico”, cioè da quando Chiodi ha “imposto le mani” sui “capi” di Abruzzo Engineering, miracolosamente i conti tornano. In conclusione, come dipendente della Abruzzo Engineering, da 27 mesi faccio parte dei 300 mila cassintegrati sotto la spada di Damocle. Ho lavorato per il “carrozzone politico” di Abruzzo Engineering, che ha sperperato 40 milioni di euro avuti dall’Europa. Una società in house alla Regione Abruzzo, la Abruzzo Engineering, incapace di assolvere al proprio ruolo, che ha avuto sino a 265 dipendenti, assunti perlopiù in maniera clientelare e senza un reale know how. “E alla domanda: come va? Questa è la risposta: dopo morto, meglio”.
Domenico A.