Sviluppo Italia Abruzzo, licenziamento in vista per i 17 dipendenti: il caso

Azzerare il patrimonio immobiliare di Sviluppo Italia mettendola in liquidazione e mandando a casa i lavoratori, senza stipendio da 8 mesi, per compensare le perdite derivanti dalla pessima gestione di Abruzzo Sviluppo.

 

I 17 dipendenti di Sviluppo Italia Abruzzo Spa (in liquidazione) da maggio 2016 non percepiscono lo stipendio e a gennaio 2017 verranno avviate le procedure di licenziamento collettivo. Questi sono i risultati della Regione Facile voluta e propagandata dal presidente D’Alfonso?”.

 

Questa la denuncia sollevata dal Presidente della commissione Vigilanza e consigliere regionale Mauro Febbo “visto l’approssimarsi del 31.12.2016 dopo che a luglio Sviluppo Italia Abruzzo viene messa in liquidazione per la terza volta e addirittura senza esercizio provvisorio quindi decretando la morte della società con il conseguente licenziamento di tutti i dipendenti. Una vicenda di figli e figliastri – rimarca Febbo – da parte della Regione Abruzzo che ‘furbescamente’ salva Abruzzo Sviluppo incamerando e intascando le quote derivanti dalla fusione per incorporazione di Sviluppo Italia Abruzzo.

 

Una operazione che ha determinato di fatto il dissolvimento di Sviluppo Italia Abruzzo ed il salvataggio di Abruzzo Sviluppo che si prepara ad incassare i frutti del regalo ricevuto soprattutto dalla liquidità degli immobili. Tale manovra – rimarca Febbo – è già iniziata, come documentato dalla Nota Integrativa al Bilancio 2015, in quanto Abruzzo Sviluppo con la vendita del cospicuo patrimonio immobiliare (quasi un milione di euro) intende realizzare tre incubatori di impresa. Oggi i 17 dipendenti, prossimi al licenziamento, ritengono tale operazione illegittima poiché le quote dovevano essere incamerate dalla Regione Abruzzo e non da Abruzzo Sviluppo.

 

Infatti a novembre, vista la situazione sempre più difficile, i dipendenti di Sviluppo Italia si sono decisi a presentare un ricorso presso il Tribunale dell’imprese de L’Aquila chiedendo la nullità dell’atto di cessione delle quote ad Abruzzo Sviluppo, giacché la Legge 296/2006 e la successiva direttiva del Mise (n.6196 del 2007) prescrivevano che Sviluppo Italia fosse ceduta alla Regione o altre amministrazioni pubbliche. Inoltre i dipendenti di Sviluppo Italia, vista la loro specializzazione e qualificazione tecnica, potevano benissimo essere utilizzati dalla Regione Abruzzo per la certificazione come indicato e scritto recentemente dalla Corte dei Conti. Pertanto – conclude Febbo – è evidente come anche in questo caso la Regione Facile e Veloce di D’Alfonso ha combinato un vero e proprio pasticcio lasciando a piedi e senza futuro ben 17 famiglie. Adesso sarebbe curioso capire le motivazione per cui è stata salvata Abruzzo Sviluppo mettendo in liquidazione e intascando le quote di Sviluppo Italia. Non vorrei che la liquidazione di Sviluppo Italia praticamente sia stata solo tutta una manovra per salvare Abruzzo Sviluppo che altrimenti avrebbe portata i libri in Tribunale. Un’operazione assurda visto che la Regione ha avuto tutto il tempo e le disposizioni legislative per poter assorbire le quote di Sviluppo Italia come d’altronde hanno fatto anche le altre Regioni”.

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