Valentina Maio: ‘Il cambiamento culturale di cui c’è bisogno non si impone con le quote rosa’

presentazione marco baroni allenatore virtus lancianoRoma. La questione quote rosa la fa da padrona nel settore pubblico, come in quello privato. Per il calcio la situazione non cambia poi molto, considerato che solo un dirigente su sette è donna (Dati Superscommesse.it).

Sull’argomento Superscommesse.it ha intervistato Valentina Maio della Virtus Lanciano, che insieme alla collega Paola Cavicchi, è l’unica Presidente donna di una società calcistica nei primi due campionati italiani: trent’anni, mamma di due bambini, con un terzo in arrivo, e moglie del capitano della squadra che dirige,  la Presidentessa ha raccontato la sua esperienza di donna alla guida di una società di calcio.

Si fa un gran parlare delle quote rosa nelle diverse realtà professionali. Come giudica la questione? Possibile che ci sia bisogno delle quote rosa per consentire alle donne di diventare manager?
No. Non c’è bisogno di quote rosa in nessun campo. C’è bisogno di qualcosa di molto più radicale e più profondo; c’è bisogno di un cambiamento culturale, che non s’impone con quote di alcun genere.

Serie A, alle donne solo il 14% dei ruoli dirigenziali. Questo è il risultato dell’analisi condotta da Superscommesse.it. Perchè nel calcio è così difficile trovare donne dirigenti?
In Serie B la situazione non cambia poi molto. Non è un problema esclusivamente legato al mondo del calcio; direi che è molto difficile trovare donne dirigenti in qualsiasi ambito professionale. Purtroppo non si cancellano decenni di status in poco tempo; esiste un processo di cambiamento partito da poco, farà la sua strada, ma siamo appena all’inizio.

Quali sono le difficoltà che può incontrare una donna in un settore maschile per eccellenza quale è il calcio?
La mia esperienza diretta, devo riconoscere, è stata molto semplice e positiva. Mi sono inserita subito e non ho avuto particolari difficoltà. Probabilmente favorita dal fatto che guidando la società insieme con la mia famiglia (con mio padre Franco e con mio fratello Guglielmo) mi sono sempre sentita molto sostenuta, anche nei momenti più complicati. Trasferendo il discorso a un piano più generale, credo che la causa principale vada ricercata in un consolidato scetticismo legato al fatto che il pensiero comune ritiene che una donna sia piuttosto disinteressata al mondo del calcio e, per tipo di sensibilità, difficilmente in sintonia con questo ambiente. Posso affermare con certezza che chi pensa questo… sbaglia.

Quindi, da Presidente del club, non ha mai avvertito scetticismo?
No, non l’ho avvertito. Se c’è stato, o sono stata brava io a ignorarlo oppure sono stati bravi gli scettici a non farmelo percepire.

Di contro, quali sono i vantaggi di avere una donna manager all’interno di una società di calcio?
Non voglio fare un discorso “di genere” di segno opposto. I vantaggi stanno nell’avere persone che abbiano voglia d’impegnarsi quotidianamente, con grande apertura mentale e voglia d’imparare e, soprattutto, con la capacità di scegliere collaboratori competenti e fidati. Che il manager sia maschio o femmina, a quel punto, cambia nulla. Se poi vogliamo spostare il discorso sulla capacità di attirare attenzioni e riflettori, questo è un dato indiscutibile: la donna manager, soprattutto nel calcio, fa vendere qualche copia in più e strappa qualche titolo più grosso.

Come concilia la vita privata con quella lavorativa?
Con un po’ di fatica, ma è normale sia così. Non sono l’unica donna che lavora e ha una famiglia, e tutte noi sappiamo quanta parte del buon funzionamento della vita familiare dipenda da noi donne.
La regola principale è: fuori il lavoro dalle mura domestiche. Avendo un marito che fa il calciatore rischieremmo di non “staccare” mai. E noi e i nostri figli abbiamo bisogno, come tutti, di ritrovarci a essere quello che siamo l’uno per l’altro, a prescindere dai ruoli che abbiamo all’esterno.

Quale scelta o azione intrapresa per il suo club la rende più fiera?
Nel mio caso non si tratta di una singola scelta, ma di un’impostazione: per noi la condivisione con la città e con il territorio è una missione che va di pari passo con l’attenzione per i risultati sportivi. Sotto questo profilo tutte le attività parasportive, di natura culturale e, soprattutto, solidale sono un plus irrinunciabile.

In conclusione, il calcio è e resterà per sempre dominio maschile o in futuro c’è spazio anche per il gentil sesso?
Lo ripeto, c’è un processo in corso. E come tutti i processi produrrà risultati significativi nel tempo. Le rivoluzioni lente e silenziose fanno meno clamore ma ottengono risultati più duraturi.

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