Pescara. Una favola ormai già scritta ma che forse lo stesso ragazzo, oggi diciottenne, non avrebbe nemmeno mai sognato. Mamadou Coulibaly, arrivato nel dicembre 2015 in Italia dal Senegal dopo uno dei tanti viaggi della speranza a bordo di un barcone, da oggi è un calciatore professionista del campionato italiano di Serie A.
Il Pescara lo ha tesserato, assegnandogli la maglia numero 33, dopo averlo aspettato e “allevato” per lunghi mesi, bloccato dalla burocrazia che non permetteva l’ingaggio prima della maggiore età.
La sua favola comincia a inizio 2015 a Roseto, almeno quella scritta, nei pressi di un campo sportivo della cittadina teramana. Lì è stato trovato dai Carabinieri e, avviate le pratiche per l’accoglienza, ospitato in una casa-famiglia di Montepagano.
Il suo talento, però, è presto arrivato agli addetti ai lavori, in primis da Mino Bizzarri,tecnico della scuola calcio del Roseto, società con cui ha preso ad allenarsi. Classe da tenere difficilmente nascosta che è arrivata immediatamente all’orecchio degli osservatori della vicina Pescara, sconfinando subito per arrivare sotto gli occhi di mezza serie A. Il primo a “bloccarlo”, però, è stato Donato Di Campli, già manager di Marco Verratti, e da quel momento è stato ribatezzato “il futuro Pogba”, anche se c’è chi giura che sia bravo il triplo del francese.
Il Delfino lo ha aspettato finora, tenendosi buono anche l’unico posto disponibile per un extracomunitario, portandolo a Pescara già da un paio di mesi per farlo allenare con la Primavera e oggi, non appena finito di soffiare le 18 candeline, Mamadou Coulibaly ha visto compiersi la sua favola, approdando alla corte di Zeman.