Lettera aperta di Giovanni Mastromauro: “Da rivedere il calcio dilettantistico”

L’opinione pubblica, specialmente quella di paese, aspetta solo un tuo presunto passo falso per vomitare menzogne e ricostruzioni ad personam, senza nemmeno conoscere i fatti e le verità, col solo fine di denigrarti.
I calciatori, che nella tua ingenuità vorresti avere come amici, cambiano modo di parlarti e di salutarti solo se ritardi il pagamento di quello che dovrebbe essere un rimborso spese e invece, spesso, è un vero e proprio stipendio.

Poco importa se il ritardo è conseguenza di una promessa non adempiuta da un potenziale sponsor o da un semplice ritardo nell’arrivo di un bonifico. Già, sono dilettanti ma ragionano come professionisti e si sentono autorizzati a rilasciare affermazioni, anche i più giovani, come fossero dei piccoli fenomeni del “futbal”. E nessuno di questi, dico nessuno, ti chiede scusa se in allenamento o alla domenica non ci mette l’impegno dovuto per il quale lo hai voluto nella tua squadra. No, per quello c’è sempre una scusa: l’indolenzimento, qualche problema personale, la ragazzina che l’ha lasciato… insomma, diritti e doveri che si dividono gli uni da una parte, gli altri dall’altra.

E’ chiaro e doveroso dire che non voglio fare di tutta l’erba un fascio. Ho incontrato ragazzi d’oro e collaboratori instancabili che hanno messo la passione davanti a tutto, ma, ahimè, se facessi una statistica sarebbero una strenua minoranza!
Penso poi ai genitori dei ragazzi e capisco perché crescono con questa mentalità. Tutti hanno il figlio che potrà diventare il piccolo Messi. Il loro non sbaglia mai, nemmeno nelle parole, nei comportamenti, nei commenti denigratori sui social network. Penso a come mi hanno educato i miei genitori: una parola od una smorfia sbagliata ed una tirata d’orecchie o, peggio, un calcio nel sedere. Oggi no, difesa a prescindere, pensando, erroneamente, di fare il bene del ragazzo. Ma per chi e per cosa?

E tutti quei personaggi, che definirei “trafficoni” solo perché mi ritengo un signore, che, seppur senza alcun incarico societario, “commerciano” il cartellino dei ragazzi che ritengono essere di loro proprietà? Ma davvero è così difficile estirpare queste erbacce dal mondo del calcio dilettantistico?
Poi ci sono le responsabilità. Quella medica, di assoluta importanza, quella fiscale, che in periodi come questi ti fa vivere con la classica spada di Damocle sulla testa.

Ed infine il tempo ed i mal di testa che ti rubano spazi da dedicare alla tua professione ed alla tua famiglia.
Mi ripeto la domanda iniziale: “ma per chi e per cosa?”
No, caro direttore…..
Non smetterò mai di gridare che questo mondo del calcio dilettantistico potrebbe raddrizzarsi se tutti i presidenti (tutti!!) la smettessero di promettere soldi a vanvera ai giocatori, se tutti i calciatori si ricordassero di essere dilettanti e prendessero la loro attività sportiva come hobby e non come seconda, ed a volte prima, attività lavorativa; se tutti prima di giudicare un’azione societaria capissero che è fatta da gente che in quel preciso sta rubando tempo ad altro solo per la passione di vedere una partita di calcio e per far questo ci mette parecchio del suo.

E sono convinto che tanti “Malati di calcio”si pongono ogni notte i miei interrogativi. E vanno avanti spinti dalla passione e dall’orgoglio. Ma quest’ultimo come dice una famosa canzone dell’intramontabile Vasco Rossi “ne ha rovinati più lui che il petrolio”.
Ma voglio essere propositivo: perché tutte le società, e sottolineo tutte, magari sotto l’egida della federazione di appartenenza, non sottoscrivono un codice morale che imponga il rispetto di regole, stile “fair play finanziario”, nella quale esse stesse si impegnano a rispettare dei tetti massimi sui rimborsi ai giocatori? Per esempio fissare un tetto massimo di euro 500,00 per l’interregionale di euro 300,00 per l’Eccellenza, euro 200,00 per la Promozione e così a scendere?

Avremmo più gente che si impegnerebbe nella gestione di associazioni calcistiche, giocherebbe solo chi ha veramente voglia di giocare, le squadre si formerebbero con giocatori del proprio territorio e tutti i “trafficoni” verrebbero a sparire perché non avrebbero più terreno fertile.
A me non sembra così insensata come proposta.

Chiudo lo sfogo, nella speranza che il sasso gettato nello stagno crei un dibattito ed una presa di coscienza da parte di tutti gli operatori che un calcio dilettantistico diverso, sorretto dalla sola pura passione e volontà e più libero dai conti e dagli aspetti economici, non sia una chimera ma lo sbocco naturale di un movimento che non può più sorreggersi sulle fondamenta di cartone così come in questi anni trascorsi.

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