Teramo E’ la mezz’ora della ripresa della gara contro il Gubbio quando Gianluca Lapadula si guadagna un calcio di rigore. Invece di andare a battere dal dischetto per provare a siglare l’undicesimo gol stagionale e continuare la «rincorsa» al compagno di reparto Donnarumma (a quota dodici), l’attaccante del Teramo lascia la battuta a Mirco Petrella.
L’esterno ha svelato a fine gara di aver chiesto al compagno la cortesia di battere il rigore. Ed è stato accontentato. Quello che succede dopo lo si conosce già. Petrella realizza e firma il 4-1 finale del Teramo in casa degli umbri. Ma il gesto d’altri tempi di Lapadula racconta molto di più dei quattordici risultati utili consecutivi dei biancorossi. Svela un’unità d’intenti e di squadra che va ben oltre il terreno di gioco.
E se molti sono ormai abituati alle frasi spesso di circostanza dei calciatori sullo spogliatoio unito, gesti e pensieri come quelli andati in scena a Gubbio fanno comprendere come in quelle stesse parole, nel caso del Teramo, ci sia davvero un fondo di verità. «E’ stato un gesto molto altruista da parte sua – racconta Petrella, al secondo centro stagionale – Solo i grandi giocatori sono capaci di cose del genere. La nostra compattezza dentro e fuori dal campo ci contraddistingue dalle altre squadre. Il Teramo è una formazione composta da grandi uomini, prima che da grandi giocatori».
Ed è ciò che magari ti permette di ribaltare uno svantaggio iniziale e poi dilagare: «Esatto – prosegue l’esterno – Capita che quando ti trovi in difficoltà e sotto 1-0 come accaduto a Gubbio, il gruppo trovi unito la forza per ribaltare una partita cominciata male».