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I gioielli di Salerno

Salerno si va equipaggiando sempre di più per i turisti. Alberghi, B&B, ristoranti per un’offerta a 360 gradi che lascia soddisfatto chiunque. Di opere la città, soprattutto nel centro storico, ne vanta parecchie.

La Chiesa di San Giorgio, ricca di opere dove nl 1675 Angelo Solimena firmava il ciclo della Passione nella volta della cantoria. La decorazione presenta una serie di pannelli con storie di San Benedetto, mentre nella cupola è raffigurato il paradiso, esemplato su quello realizzato a Napoli da Lanfranco nel 1641 nella Cappella del Tesoro del Duomo di San Gennaro.

La Cattedrale, luogo di culto maestoso voluto dal Guiscardo a poca distanza da palazzo Terracena, la sua Reggia, esibisce un notevole quadriportico.

Nel marzo del 1081 ne venne inaugurata la cripta. Nel luglio di tre anni dopo la chiesa venne consacrata dal papa Gregorio VII in persona, rifugiatosi a Salerno.

Il Duomo è esemplato sul modello dell’Abbazia di Desiderio a Montecassino con una pianta di tipo basilicale composta da tre navate longitudinali, un transetto e un quadriportico.

L’ingresso attuale ha modificato quello medievale con la coppia scultorea del leone e della leonessa. L’atrio è circondato da un porticato retto da 28 colonne di spoglio con archi a tutto sesto rialzato, che riecheggiano tipologie islamiche.

Esso è arricchito su tutti i lati da una serie di sarcofagi romani, riutilizzati in epoca medievale, configurandosi come una specie di Pantheon della città. Sul lato meridionale sorge un alto campanile della metà del XII secolo. L’ingresso principale alla chiesa è costituito da una porta di bronzo bizantina, inserita in u portale marmoreo medievale. Le cappelle laterali risentono soprattutto della cultura barocca con quadri settecenteschi di buona fattura come il San Gennaro di Francesco Solimena e la Pentecoste di Francesco De Mura.

Ma le sorprese che nasconde la Cattedrale non si fermano qui. Gli amboni sono notevoli per dimensioni e storia.

Come controcanto del Duomo ecco il Salone dei Marmi di Palazzo di Città a Salerno.

L’edificio fu eretto nel ventennio fascista e ne conserva tutta l’architettura.

In questo Salone prese posto, con Badoglio, Benedetto Croce ed altri, il primo Governo della Italia Liberata. La città era disseminata di Ministeri: Salerno fu capitale.

Non era la prima volta: prima fu Capitale dell’ultima isola longobarda, poi con i Normanni.

Il Palazzo di Città fu parte di un vasto programma di opere pubbliche avviato dall’Amministrazione Comunale negli anni ’30 dello scorso secolo che comprendeva, tra gli altri, anche la realizzazione del Palazzo di Giustizia e del Palazzo delle Poste.

Il fabbricato, in cemento armato, occupa un’area di circa 5000 mq. e si articola in quattro livelli fuori terra. È caratterizzato, al pianterreno, da un porticato e, all’interno, da una corte centrale che ospita lo scalone a due rampe.

Realizzato in età fascista, come denota lo stile classicista e monumentale dell’impaginato di facciata, viene inaugurato il 12 aprile del 1936.

Il progetto è firmato dal professor Camillo Guerra, all’epoca ingegnere capo comunale.

La facciata ospitava alcuni gruppi bronzei realizzati nel 1937 da Gaetano Chiaromonte, e oggi conservati nell’ambulacro presso il Salone dei Marmi. I soggetti rappresentati sono: Roberto il Guiscardo, L’entrata a Salerno di Gregorio VII e Roberto il Guiscardo, La fertilità della Terra.

Il Salone di Ricevimento che oggi ospita il Consiglio Comunale, vide svolgersi nel 1944 la prima riunione del Consiglio dei Ministri e del Governo di Unità Nazionale.

Questa sala è detta Salone dei Marmi poiché è rivestita di marmi policromi, con mosaici in oro, rosso e blu, i colori della municipalità salernitana.

La fascia superiore – decorata dal pittore Pasquale Avallone tra il 1936 e il ’46 – copre una superficie di oltre 120 metri quadrati e racconta la storia della città dalla sua fondazione fino all’età moderna con una serie di episodi salienti.

Nel fregio è rappresentata la colonia romana, l’età longobarda e quella normanna, la dominazione Angioina, cui seguono quella Sveva e quella dei Borbone; infine, dopo il Regno d’Italia, la I guerra mondiale.

Accanto al Salone era la Sala delle Commissioni, oggi Sala della Giunta, e poco distante la Sala del Gonfalone, in cui sono esposte quattro tele ellittiche dello stesso Avallone: L’Agricoltura, L’Industria, il Risparmio e Il Commercio Marittimo.

Sovrasta la città, poi, il castello di Arechi che racchiude tre secoli di civiltà longobarda , in pratica dall’VIII all’XI secolo. Su tutta lla costruzione si erge magnifica ancora la Turris major; le ricrecahe archeologiche hanno rivelato come la fase costruttiva più antica risalga al periodo goto-bizantino.

Principe longobardo che trasferì la capitale del ducato da Benevento a Salerno, Arechi II scelse come fulcro della sua nuova capitale la fortezza già preesistente, posta a 300 metri sul livello del mare sulla cima del monte Bonadies.

Arechi ne sopraelevò e modificò le mura antiche su preesistenti fortificazioni e costruì un castello “per natura e per arte imprendibile, non essendo in Italia una rocca più munita di essa”.

Infatti, sul colle salernitano c’era stata, già nei secoli precedenti, una generica frequentazione risalente ad epoca romana e testimoniata da diversi rinvenimenti archeologici e frammenti ceramici. Ad Arechi II, quindi, fu necessario solamente rafforzare il maniero, e inserirlo in un sistema difensivo urbano più articolato.

Il Duomo, il Palazzo di città sono le opere più eclatanti di uan città che nella scuola Medica celebra i suoi fasti e che la ricorda con un Museo virtuale lungo la via dei Mercanti.

Ogni monastero salernitano vantava nel medioevo un Giardino con piante medicinali, pronte a lenire gotta, cauterizzare ferite, guarire crisi di petto.

Una pratica che si trasferì a guarire Re e uomini di potere, mercanti e pellegrini e che costituì , a forma di aforismi, il “Regimen Sanitatis“, noto anche come “De conservanda bona valetudine” o “Flos medicinae Scholae Salerni“.

E Salerno si è impossessato di nuovo di questo glorioso passato pronta a raccontarlo ai visitatori italiani e stranieri.

 

Mariantonietta Sorrentino