Martinsicuro. Una lunga riflessione. Che parte dal dato regionale per poi analizzare, a caduta, quello che è accaduto a Martinsicuro che, nelle regionali del 10 febbraio, aveva ben 4 candidati.
A farla è il direttivo di Articolo 1Mdp-Leu, che non è tenero con il centrosinistra. Nei confronti del Pd in maniera particolare. E lo fa sommando quello che è accaduto negli ultimi 11 mesi. Dalle politiche, alle regionali.
Il documento
“Abbiamo, come di consueto, aspettato di avere tutti i dati disponibili per avviare la nostra riflessione dopo la tornata elettorale del 10 febbraio”, si legge nella nota, “ che, ricordiamolo, per il centro-sinistra non si è trasformata nell’ennesima batosta elettorale solo perché Giovanni Legnini è riuscito nella mission impossible di creare un campo progressista largo e, soprattutto, convincente dopo che cinque anni di amministrazione regionale avevano lasciato dubbiosi o astiosi il nostro elettorato tradizionale.
Due dati emergono prepotentemente dal risultato elettorale: il primo è il ridimensionamento del peso specifico del PD in seno alla coalizione di centro-sinistra. Spiace constatare che nel nostro campo si parli ancora di “feudi” come di grandiose vittorie per il PD, quando, di fatto, l’erosione del consenso verso chi ha governato nei passati cinque anni non ha nulla da invidiare all’erosione costiera tra Villa Rosa e Alba Adriatica o come si diminuisca l’entità della sconfitta accampando scuse più o meno credibili (stiamo aspettando la retorica della “pugnalata alle spalle” che, di certo, non tarderà ad arrivare).
Piuttosto l’impressione è che non ci si sia neppure posti la domanda, figurarsi poi un’ammissione di colpe per aver condotto alla sconfitta peggiore della lunga storia del centro sinistra o — non sia mai! — una riflessione autocritica che ancora ha da venire dal 4 marzo dell’anno passato: no i soliti noti sono ancora lì a pontificare, a tramare per ritagliarsi uno spazio personale, una carica, un feudo appunto, nell’ostinata convinzione di aver governato al meglio, innamorati di un leaderismo che ha disciolto il patrimonio politico e umano del nostro territorio, proni ai potenti e distanti dagli ultimi, a quali rimproverano a torto un’ottusità cieca verso la loro idea di “innovazione” quando l’unica domanda che viene dal nostro territorio è quella di protezione e sviluppo armonico del nostro patrimonio umano, lavorativo e ambientale.
Il dato di Martinsicuro. Il secondo dato riguarda più da vicino Martinsicuro”, si legge ancora, “nel quale non solo gli amministratori che si sono candidati hanno ottenuto meno voti di due outsider, ma anche la stessa maggioranza, che pure due anni fa si era presentata con un fronte largo alle amministrative, è stata incapace di convogliare il proprio bacino di voti verso un candidato di Martinsicuro, ottenendo il risultato paradossale che uno dei più popolosi comuni del teramano abbia fatto registrare, con due amministratori locali candidati, un’emorragia di voti verso un candidato esterno.
Allo stesso modo va sottolineata la miopia politica del PD locale che ha preferito scegliere di appoggiare un candidato esterno, con miserrimi risultati peraltro, quando avrebbe potuto rivendicare il risultato di un’altra candidata o, almeno, mettere in crisi l’attuale amministrazione “civica” facendo notare che per una poltrona al consiglio regionale è facile dimenticare dove stia la destra e dove la sinistra.
Ora tutti chiedono di cambiare passo, di ripartire dai vari “salvatori della patria”, rigurgito del solito leaderismo di chi, responsabile e complice (anche solo per omissione) delle ultime stagioni, ha segnato il divorzio definitivo tra sinistra e il suo popolo. Se qualcosa di nuovo deve nascere, non può essere guidato da chi ha avuto queste responsabilità. Riverniciate e romanelle sono inutili: si deve aprire una nuova fase, è necessaria un’escissione, un taglio netto per ricominciare da quelli che sono sempre stati i nostri valori (e che per troppo tempo sono stati appaltati e sfruttati da altri senza nessun vantaggio per il popolo).
Anche a Martinsicuro è il momento di iniziare un progetto costituente serio, capace di mettere tutto in discussione e dare voce alle proposte progressiste che vengono dalle associazioni, dai movimenti, dalle nuove forme della militanza soprattutto giovanile… un progetto, insomma, che rimetta al centro l’uomo e i suoi diritti, al lavoro, a una remunerazione equa, alla salute, alla casa, all’istruzione, che ricrei quella comunità che anni di mala politica da una parte e dall’altra hanno disgregato — perché non è vero che ognuno si salva da solo, questo vale solo per i ricchi.
Per far questo è necessario, si passi il termine, azzerare tutta l’attuale classe dirigente della sinistra: non stiamo chiedendo passi indietro, di lato, o rottamazioni dal dubbio valore politico. Ciò che chiediamo è un passo avanti di donne e uomini credibili, che si assumano questo difficile compito.
Esistono momenti in cui per salvare non una tradizione ma un’ispirazione, dei principi e dei valori, serve il coraggio di rotture radicali forse questo è uno di quelli”.