Un accorato appello per scongiurare gli effetti dell’applicazione della Tares, la nuova tassa sui rifiuti e servizi, che entro fine anno dovrebbe entrare in vigore, in sostituzione di Tia e Tarsu. A lanciarlo sono due sindaci della provincia teramana.
Diego Di Bonaventura e Vincenzo Di Marco lanciano un appello bipartisan ai parlamentari abruzzesi, affinché si impegnino a modificare l’applicazione dell’imposta. “La Tares” spiegano “oltre a coprire i costi del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti, servirà anche a garantire la manutenzione stradale, la pubblica illuminazione, la cura delle aree verdi, l’attività di polizia municipale e l’anagrafe. L’imposta prevede un’addizionale, decisa dallo Stato, pari a 30 centesimi di euro per ogni metro di superficie”. Ma dove andranno a finire questi soldi? Nelle casse comunali? Niente affatto. Dritti dritti nel forziere statale. E, in tutto questo, c’è anche un aspetto paradossale. “Cittadini e attività produttive si troveranno a pagare di più” continuano i primi cittadini “in molti casi con rincari che porteranno al raddoppio dell’attuale importo, senza peraltro che la maggiore imposizione fiscale si traduca in alcun beneficio tangibile per i territori, ad esempio restituendo loro maggiori e migliori servizi, in quanto destinata allo Stato centrale. Dalle prime proiezioni emerge, infatti, che l’applicazione della Tares, così come configurata, produrrebbe effetti devastanti ed aggravanti sull’attuale situazione di crisi economica, andando a colpire proprio le famiglie più numerose e le attività produttive, già allo stremo, spingendo molte di esse a chiudere e con la conseguente perdita di altri posti di lavoro. Un catastrofico effetto domino che deve essere a tutti i costi scongiurato”. Da qui, l’appello forte al senso di responsabilità. E non c’è tempo da perdere.