“Era stato tutto studiato a tavolino – spiega Ruffini – se lo si voleva mandare via lo si doveva e poteva fare lo scorso 29 agosto quando c’erano tutte le condizioni per non riconfermarlo. Invece si è preferito inscenare tutta questa procedura per far vedere all’opinione pubblica che la Regione stava valutando il manager secondo la legge. In sintesi Chiodi ha prima dovuto respingere i mal di pancia dell’assessore Paolo Gatti, per poi scaricare la posizione dello stesso assessore, trincerandosi dietro il parere dell’Avvocatura regionale. Da buon venditore di fumo, Chiodi ha dimostrato ancora una volta agli abruzzesi di non avere l’autorità per imporsi e per governare la sanità regionale. Ha vinto il vecchio modo di fare politica che considera il direttore generale il braccio operativo della stessa piuttosto che una figura imparziale al servizio dei cittadini”.
Secondo il consigliere del Pd, “se ci sarà la riconferma di Varrassi, a perdere non sarà solo la sanità teramana ma anche l’assessore Paolo Gatti, rimasto solo all’interno della giunta ad avanzare delle perplessità nei confronti dell’operato e delle vicende giudiziarie che coinvolgono Varrassi. Nonostante le evidenze e tutti i presupposti giuridici a sfavore di Varrassi, la casta teramana della sanità ha preferito fare come Ponzio Pilato e lavarsi le mani adducendo l’impossibilità del licenziamento di Varrassi a dei pareri legali. Se Chiodi avesse voluto aveva l’opportunità già il 29 agosto 2012 di non riconfermare Varrassi. Questo – conclude Ruffini – è stato il peccato originale che ha portato alla creazione di una telenovela dal finale già scritto”.