Alba Adriatica, espulsione dal Pd: le anomalie del provvedimento. Viviani pensa al ricorso

L’espulsione dal Pd del segretario di Alba Adriatica, Gabriele Viviani, sarà impugnato. Il provvedimento adottato dalla commissione di garanzia regionale dei Dem, su proposta del reggente Marco Rapino, analizzato nella sua stesura, si presta a delle riflessioni.

 

Ma anche a degli appigli che, con ogni probabilità, daranno la stura ad un ricorso. Sia per la sostanza dello stesso, ma anche per la valenza che la decisione sta producendo non soltanto a livello cittadino. Le reazioni dei vertici teramani del Pd, nella delicata fase del tesseramento e del congresso, lo testimoniano e rappresentano poi un ulteriore elemento di confronto-scontro per disegnare il nuovo assetto del partito.

Il provvedimento e le anomalie. Ad una lettura del verbale della commissione di garanzia del Pd, guidata da Ugo Milia, alcune incongruenze emergono. Tra tutte la data della stesura del provvedimento e della trasmissione dello stesso all’oramai ex segretario Viviani. La data è quella del 20 settembre mentre l’ufficializzazione della stessa, alla stampa, era stata data già prima. Compresa la nomina del commissario ad acta per la fase congressuale.

 

Il termine “pare”. Nell’argomentare l’espulsione dello storico esponente Dem, riferito poi ad alcuni post su Facebook (bollati come discriminatori sulla questione migranti) la commissione ritiene che “pare” possa configurarsi la violazione di due articoli del codice etico e dello statuto del Pd. L’utilizzo di questo termine, per giustificare poi l’allontanamento dai Dem, qualche ulteriore riflessione la favorisce.

Sin qui per restare nella forma del provvedimento di espulsione. Altro discorso verte sulla sostanza e sull’opportunità dello stesso, per le accuse e per il momento nel quale si materializza.

 

Per il momento Gabriele Viviani, che negli ultimi giorni ha ricevuto diversi attestati di stima, preferisce non commentare l’accaduto. Lo farò, forse, nei prossimi giorni. Di certo l’intenzione è quella di affidare la pratica ad un legale, in primis per impugnare la decisione della commissione di garanzia.

 

 

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