“Più volte” commenta oggi il manager Varrassi “si è detto che questa struttura è stata spogliata di funzioni e competenze e non è opportunamente apprezzata dalla dirigenza della Asl di Teramo. Si è già detto che il servizio viene tenuto in tale considerazione che ogni anno la Asl spende per il suo funzionamento circa il doppio di quanto incassi in prestazioni (e la spesa del solo personale sfiora i 500mila euro). Come anche si è detto che, per le patologie di cui quel centro si occupa, la mobilità passiva aziendale supera la mobilità attiva. E proprio per l’attenzione che la sensibilità della Asl ha nei confronti delle sofferenze delle famiglie con problemi di quel genere, il Centro di Fisiopatologia della nutrizione non solo continuerà la propria attività ma sarà potenziato ed insieme ad esso l’ospedale tutto di Giulianova. Il Centro, infatti, sarà incastonato nella struttura ospedaliera, al cui interno sarà possibile una maggiore interazione multidisciplinare, ed affiancato anche da una chirurgia bariatrica (chirurgia specializzata negli interventi per l’obesità), che aumenterà le potenzialità assistenziali del Centro stesso, ovviamente anche con capacità di attrazione che favorisce la mobilità attiva. Per questo motivo risultano incomprensibili le proteste di familiari fortemente preoccupati per l’assistenza e la cura di persone con disturbi alimentari. Il nostro quotidiano richiamo ad evitare le strumentalizzazioni in materia sanitaria è volto ad impedire che si sviluppino gravi allarmi del tutto ingiustificati. La dirigenza Asl è affidata a un medico il quale, come tale, non solo ha a cuore la salute e la cura dei cittadini, ma ha il dovere di provare orrore di fronte a chi strumentalizzi la salute e la cura dei pazienti. Ci sono piuttosto ben altri argomenti che la situazione dell’ospedale di Giulianova fa balzare alla ribalta nel dibattito sulla sanità. Alcuni ieri sono stati trattati anche dal governatore Gianni Chiodi. Sono aspetti di fondo, che riguardano vizi radicati nella sanità nazionale e che riguardano i medici. È ora, ad esempio, di interrogarsi sul fatto che un medico ospedaliero che vada in pensione possa costare a tutti noi 3 volte. La prima con la pensione che percepisce regolarmente, la seconda con la nuova attività che può svolgere lavorando in case di cura private convenzionate con il Servizio sanitario nazionale (che guarda caso insiste sui bilanci dello Stato, dunque ancora sui cittadini). L’ipotetico medico ospedaliero pensionato che lavora in casa di cura convenzionata torna a costare al cittadino una terza volta: in termini di mobilità passiva, come è spesso avvenuto nel caso della Asl teramana. L’altro argomento è stato l’ingerenza della politica nella sanità. Lo stesso Chiodi ieri ha sostenuto che le scelte politiche e amministrative che un medico fa in materia sanitaria potrebbero non essere esenti dalla volontà di tutela o di miglioramento delle proprie specifiche posizioni professionali. È evidente che anche in questo è l’ora delle scelte. Ecco, il cerchio si chiude qui, su queste ultime considerazioni chiaramente di più largo interesse rispetto alle specifiche situazioni territoriali. Si chiude anche con una riflessione generale con cui ho aperto l’intervento di ieri: oggi possiamo discutere di questi problemi perché l’azione risanatrice dell’economia sanitaria messa in atto dalla Regione hanno reso possibile una miracolosa guarigione che consente di riprendere a dialogare in termini di investimenti su tecnologie e risorse umane”.