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Riserva del Borsacchio. Comitato, Italia Nostra e WWF: “L’area protetta è sotto attacco”

 

Pescara. “Se la proposta avesse un seguito, quella del Borsacchio diventerebbe la prima riserva a non contenere nei suoi confini l’area che le dà il nome”. È l’amara ironia di Dante Caserta, consigliere nazionale del Wwf, con riferimento alla riserva regionale istituita nel 2005 tra i comuni di Roseto degli Abruzzi e Giulianova. 

Sì perché la proposta di riperimetrazione della riserva presentata dal consigliere regionale Fli Berardo Rabbuffo – sotto forma di modifica alla legge istitutiva dell’area – chiede anche l’esclusione dalla riserva della foce del torrente Borsacchio, oltre alla pineta di Mazzarosa. Le aree da sempre considerate il nucleo centrale della riserva. Ma anche quelle su cui maggiormente negli anni si sono concentrate le richieste di espansione edilizia. Denunciano in una conferenza a Pescara Fabio Celommi presidente del Comitato cittadino per la riserva, Giancarlo Pelagatti presidente regionale di Italia Nostra e Dante Caserta del Wwf, con l’aiuto dei professori Giovanni Pacioni e di Gianfranco Pirone, ordinari di botanica all’università dell’Aquila.

Il paradosso dunque potrebbe diventare realtà. Ma non è tutto. La proposta infatti vorrebbe portare fuori dall’area protetta il crinale Mazzocco-Giammartino, creando così un cuneo nella riserva che verrebbe tagliata in due. E vorrebbe escludere anche tutto il territorio appartenente al comune di Giulianova, compresa la foce del fiume Tordino. In questo casa la motivazione addotta sarebbe lo sblocco dello sviluppo del contratto di quartiere dell’Annunziata. Ma “si tratta di un’enorme falsità” fanno sapere le associazioni “visto che le norme di attuazione del Piano di assetto naturalistico della riserva fanno salvi gli strumenti urbanistici già approvati, tra cui il contratto di quartiere in questione”.

La proposta di Rabbuffo era ferma nella commissione consiliare competente da oltre un anno. Salvo tornare in discussione di recente, dopo un’ulteriore modifica. Nonostante un incontro con le associazioni, la proposta è stata portata in commissione lo scorso 10 febbraio in una seduta che però non ha raggiunto il numero legale. E il consigliere ha chiesto una discussione per la prossima settimana “quasi che in Abruzzo non ci fosse altro su cui discutere” affermano polemicamente le associazioni.  

È la quinta volta che si cerca di intervenire sulla legge istitutiva della riserva. “Una riserva sfuggita finora a diversi tentativi di speculazione e cementificazione” secondo le associazioni. In particolare al progetto di ‘megavillaggio turistico’ da impiantare “proprio nell’area più integra della riserva”. “La modifica proposta” aggiungono i professori Pacioni e Pirone, che da tempo studiano l’area “non ha alcun fondamento scientifico e priverebbe l’area di alcune delle zone più importanti per le quali a suo tempo fu proposta l’istituzione della riserva”.

“È una delle pochissime aree protette dell’intero tratto di costa adriatica che va dalle pinete ravennati fino al Gargano” spiega il professor Pacioni. “E il suo cuore è proprio la pineta di Mazzarosa, un’area residuale dove prima della costruzione della ferrovia c’erano oltre 500 metri di spiaggia”.

“Il territorio della riserva è molto articolato” aggiunge Pirone “ma il litorale è a gravissimo rischio”. Un litorale che ospita un gran numero di specie vegetali e animali, di notevole rilievo naturalistico. “Delle circa 120 specie vegetali censite, ben quattordici sono inserite nelle liste rosse della regione, quelle per le specie a rischio di estinzione. E alcune addirittura si trovano nella lista dell’Unione internazionale per la conservazione della natura. Senza contare” prosegue con passione il professore “l’interesse identitario del paesaggio e l’enorme potenzialità ecologica del territorio. Un territorio cioè in cui l’impatto dell’uomo non ha raggiunto livelli di irreversibilità e che quindi potrebbe ancora tornare in poco tempo ad uno stato completamente naturale”.  

Schizofrenia la definisce invece Pelagatti. Quella degli amministratori locali che ampliano i confini della pineta dannunziana a Pescara e poi minacciano la riserva del Borsacchio. “Che rappresenta una piccola interruzione nell’unica città lineare che ormai occupa la costa adriatica per 250 chilometri. Politici miopi che scendono a patti con i privati per la cementificazione selvaggia di un’area che già nel 1963” ricorda “era tutelata da un decreto ministeriale, prima ancora che fosse istituito il ministero dei beni culturali”.

Ma allora perché tutto questo? Le associazioni “non comprendono quali possano essere le motivazioni di rivedere il perimetro della riserva se non quella di venire incontro alle richieste di alcuni campeggiatori”, si legge in un comunicato. “Ma perché dei campeggiatori vogliono uscire dalla riserva visto che da sempre i campeggi sono tra le attività maggiormente diffuse nelle aree protette? Si vuole continuare a fare realmente campeggio o si vogliono trasformare i campeggi in qualcos’altro?” si chiedono.

“Vari abusi sono stati già perpetrati” afferma Celommi “che sono costati diversi rinvii a giudizio”. Ma, a suo dire, i tentativi di speculazione non accennano ad arrestarsi. “È stato richiesto da un parlamentare abruzzese, nell’ambito della legge finanziaria nazionale, che gli abusi in quell’area fossero sanati” aggiunge.

Mentre invece la riserva potrebbe costituire un’importante fonte di ricchezza. Se solo i comuni di Roseto, di Giulianova e la provincia di Teramo ne avessero nominato l’organo di gestione, come previsto dalla legge. L’area potrebbe essere conservata e allo stesso tempo valorizzata, sostengono le associazioni “creando posti di lavoro e attraendo finanziamenti comunitari. Come hanno dimostrato in pochi anni realtà vicine come le riserve dei calanchi di Atri, del lago di Penne della Sentina di San Benedetto”.

Pierluigi Farnese