Come più volte sottolineato in conferenza stampa, l’ordinanza del prefetto nega ogni tipo di manifestazione di dissenso all’interno delle mura cittadine teramane. “Una decisione curiosa” commenta Filippo Torretta di Rifondazione Comunista “di fronte alla situazione attuale caratterizzata da tagli, forte disoccupazione, crisi economica. È un attacco a chi oggi, alla luce di quanto sta accadendo, ha necessità di esprimere le sue difficoltà. È ora di sgomberare il campo dall’equivoco che vuole questa ordinanza frutto della direttiva Maroni”.
Per questo motivo, le parti presenti all’incontro di questa mattina chiedono di modificare l’atto, preferendo un tavolo di concertazione con partiti, sindacati e soggetti interessati. Rivolto, inoltre, un appello anche alle forze politiche del centrodestra, “perché” sottolinea Manola Di Pasquale “a nostro avviso si tratta di un ordinamento illegittimo, che di fatto esclude il diritto di manifestare. E ciò vale non solo per i politicanti, ma anche per le mamme, per i lavoratori, per chiunque abbia una reale difficoltà. Anche se ci fosse stato un problema di ordine pubblico, ricordiamo che il prefetto può di volta in volta decidere di negare una manifestazione, modificando anche il luogo e la data della protesta. Un atto, invece, così generale vieta a priori la possibilità di manifestare. Il sindaco deve riportare a prefetto e questore, che sono qui da poco, la reale situazione della nostra città, in cui non si verificano ogni giorno episodi di violenza, come invece sembra trapelare da queste decisioni”.
Il timore di alcuni politici è che, a fronte di quanto stabilito con l’obiettivo di sedare gli animi, non accada l’esatto opposto. “Non possiamo accettare che il prefetto sia l’unico giudice” aggiunge, inoltre, Giampiero Ungaro del Sel. Il sindaco è, infatti, compartecipe al decreto prefettizio perché l’atto è adottato d’intesa con il primo cittadino. “Per questo motivo” sottolinea Guido D’Alberto “Brucchi non può dire che ha semplicemente eseguito quanto stabilito da Soldà”.
Forte preoccupazione, dunque, da parte di associazioni, sindacati e partiti politici. “Una questione da risolvere con urgenza” conclude Giampiero Dozzi della Fiom-Cgil “perché abbiamo una miriade di vertenze e non credo che, quando non si percepisce uno stipendio da oltre tre mesi, bastino i discorsi ideologici per trovare una soluzione. Ne è un esempio la vertenza Bentel, risolta dopo giorni di sciopero e presidi in strada. Se non avessimo potuto manifestare avremmo perso 160 posti di lavoro”.
Tania Di Simone