Il ragionamento del Ciclat si muove da aspetti di natura strettamente naturalistici e di tutela del territorio (“ si vuole eliminare una fascia boschiva, che oltre ad essere un polmone verde, è anche in formidabile strumento di contrasto all’inquinamento e al dissesto idrogeologico”). “ La zona” si legge ancora nella nota, “ è tutelata da strumenti di pianificazione provinciale e regionale e da leggi nazionali e non si capisce come, per pseudo-ragioni di ordine pubblico, si possa derogare alla normativa di tutela ambientale, provocando danni maggiori rispetto a quelli che si vuole sanare. Il problema della tutela del territorio, soprattutto fluviale, può agevolmente risolversi creando appositi percorsi ciclopedonali e parchi fluviali, fruibili da tutti, in modo che le aree vengano continuamente presidiate dagli amanti della natura, delle passeggiate a piedi, in bici e a cavallo. Percorsi “naturalistici” sulle sponde del fiume, analogamente a quanto già previsto sulla sinistra del Tronto, nella parte marchigiana, eviterebbero, senza fare strage di alberi, l’insediamento di attività illecite divenendo anche un attrattore turistico di non secondaria importanza. Le piste ciclabili, ed i parchi fluviali, potrebbero inoltre essere facilmente pattugliati dalle forze dell’ordine, magari in bici o a cavallo, costituendo un ulteriore elemento di presidio del territorio”. Nella stessa nota si ricorda, che sulla sponda sinistra dello stesso corso fluviale non c’è prostituzione, ma una lunga pista ciclabile.