Saranno circa 100mila, infatti, i lavoratori della provincia di Teramo toccati dalle misure governative, che prevedono, nell’arco di tre anni, una forte riduzione dei salari e progressioni di carriera non riconosciute a livello economico. “I passaggi fra le aree e le progressioni” spiega meglio Monia Caporale “avranno validità soltanto dal punto di vista giuridico, ma non economico. Una situazione che contrasta con quanto previsto dal decreto legge 165/2000, per il quale la retribuzione dev’essere commisurata al tipo di mansione svolta”.
Al trattamento economico si aggiunge, poi, il problema degli organici, ridotti del 10% e del turn over. Fino al 2014, infatti, le assunzioni saranno bloccate al 20%, potendo sostituire soltanto un pensionamento su 5. “Questo vuol dire” sottolinea ancora la Caporale “che, pensando al settore della sanità, soltanto un cittadino su 5 potrà curarsi. L’intera cittadinanza subirà le conseguenze”.
Stando a quanto riferito dalla Cgil, saranno, infatti, oltre 100 i medici e gli infermieri che non verranno sostituiti e che, dunque, contribuiranno a impoverire le strutture ospedaliere pubbliche.
“Altra novità” continua Monia Caporale “è poi l’innalzamento a 65 anni dell’età pensionabile per le donne, che discrimina il concetto di pari opportunità”. Secondo la Cgil, il governo starebbe agendo come se l’innalzamento dell’età pensionabile fosse un’imposizione dettata dall’alto dall’Unione Europea. “Idea inesatta” commenta Amedeo Marcattili “se si pensa che in Francia i dipendenti pubblici vanno in pensione a 60 anni. È soltanto un modo per fare cassa, perché con questa manovra sarà possibile risparmiare, fino al 2018, oltre 3 miliardi di euro. Strano per un Paese che il governo diceva fuori dalla crisi economica fino a pochi giorni fa e che oggi viene invece paragonato dallo stesso alla Grecia”.
Il problema, secondo la Cgil, sta soprattutto nelle ripercussioni che le misure avranno sulla popolazione. Riservare meno risorse agli enti locali, ad esempio, significherà infatti aumentare le tasse per fornire gli stessi servizi o eliminarli definitivamente. “In Spagna si è deciso di ridurre i salari dei dipendenti pubblici del 5% e tutti hanno protestato” conclude Marcattili. “In questo modo, qui da noi arriveremo a circa il 20%. E questo determinerà forti ripercussioni, perché in giro ci sarà meno ricchezza. Siamo, perciò, davanti ad una manovra che accelera, e non elimina, la recessione”.