Protagoniste dell’anomalia le attività commerciali, artigianali e industriali, che da qualche tempo avrebbero alcuni problemi legati proprio al pagamento della Tia. Si tratta, infatti, di attività che producono per la maggior parte rifiuti non urbani o speciali.
Il decreto Ronchi prevede che gli utenti non debbano pagare ai Comuni di appartenenza tale genere di rifiuti, a meno che con una delibera lo stesso Ente comunale non decisa di assimilarli a quelli più propriamente urbani.
A Teramo, come spiega la Di Pasquale, ciò sarebbe avvenuto nel ’98: con una delibera è stato, infatti, stabilito che anche le attività in questione avrebbero pagato, per questo tipo di rifiuto, una tariffa calcolata sulla base dei metri quadrati. “Immaginate cosa può accadere con aziende di grandi dimensioni” sottolinea Manola Di Pasquale. “Da qui, la necessità di tamponare la situazione con una serie di norme. La cosa non tocca, però, Teramo, dove la tariffa viene applicata indistintamente, senza tener conto di nulla”.
Stando, infatti, a quanto sottolineato dalla Commissione di Controllo e Garanzia, la Teramo Ambiente non avrebbe mai specificato le quantità di ciò che è stato col tempo assimilato e questo spiegherebbe, pertanto, l’aver assegnato delle tariffe indifferenziate per ogni tipo di attività.
Il problema sorge, però, quando si viene a sapere che la Team non eroga questo servizio. In altre parole, l’azienda teramana non riesce ancora a smaltire i rifiuti speciali incriminati, per i quali però le attività continuano a pagare la tassa relativa. Da qui la protesta di Manola Di Pasquale e dell’opposizione comunale, che chiedono all’amministrazione di eliminare l’obbligo di pagamento per un servizio di cui, al momento, nessuno usufruisce.
Il paradosso nasce quando, oltre a pagare la Tia, le attività in questione sono comunque costrette a ricorrere ad altre aziende perché i rifiuti non urbani vengano smaltiti, pagando profumatamente il servizio. Un costo doppio che le aziende, già appesantite dalla situazione economica attuale, devono sostenere in maniera ingiustificata.
È possibile, per le attività coinvolte, aprire un contenzioso. Ed è qui che entra in gioco l’altro elemento esaminato dalla Commissione presieduta dalla Di Pasquale. Il Comune delega, infatti, alla società Assoservizi l’accertamento di contenziosi legati ai tributi riscossi dal Comune (Tia ed Ici) e la riscossione sui casi accertati. In parole più semplici, se una ditta contesta un tributo e il contenzioso è risolto, la società in questione tiene per sé una percentuale sul tributo contestato.
Dov’è l’anomalia? Secondo la Di Pasquale, nei vertici stessi dell’Assoservizi, che vede tra i componenti del cda Ferdinando D’Amario, lo stesso avvocato incaricato dal Comune di Teramo per la soluzione dei contenziosi dell’Ente stesso.
“Abbiamo avuto garanzie” commenta in proposito la Di Pasquale “che a dicembre 2010 scadrà la delega di Assoservizi e che non sarà prorogata. Per questo, non abbiamo ancora chiesto di togliere dal suo ruolo D’Amario. Ad ogni modo, gli abbiamo presentato una serie di quesiti, ai quali l’avvocato dovrà rispondere in forma scritta”.
Nel frattempo, l’opposizione comunale spera in una riduzione della tariffa sui rifiuti che sia anche più equa, considerata anche la particolare congiuntura economica che il territorio locale sta vivendo.
“Non si possono riscuotere tasse” tuona, infatti, la Di Pasquale, “perché il Comune ha bisogno di soldi, facendo ricadere i problemi dell’Ente sulle spalle delle attività commerciali, perché significa portarli allo stremo delle forze. E se queste attività si bloccano, come infatti sta avvenendo, anche la città di Teramo si ferma, sotto ogni punto di vista”.
Tania DI Simone