È questo il succo dell’intervento tenuto oggi pomeriggio da Luigi De Magistris, parlamentare europeo ed ex magistrato conosciuto per le celebri inchieste “Why not?” e “Poseidone”. In occasione del banchetto dell’Italia dei Valori contro la privatizzazione dell’acqua, De Magistris ha, infatti, fatto tappa a Teramo per presentare il suo libro, “Giustizia e Potere” e per condividere la sua idea politica e non dell’Italia che stiamo vivendo.
Un incontro con la cittadinanza che non ha mancato di suscitare alcune polemiche per la scelta della location, il dehor del caffè Grand’Italia, le cui dimensioni hanno costretto grossa parte del pubblico ad attendere al di fuori della struttura. La critica si è rivelata l’occasione perché Leo Nodari, promotore dell’iniziativa, ponesse l’attenzione sulle difficoltà inerenti la scelta di sale per avvenimenti culturali, dovute, secondo la sua opinione, alla scarsa capacità dell’attuale amministrazione di gestire iniziative di spessore.
È stato un De Magistris indignato quello che, dunque, ha coinvolto il pubblico teramano nel racconto delle sue vicende giudiziarie, che prima lo hanno coinvolto nella veste di magistrato e poi in quella di “accusato”. Il politico ha, infatti, dovuto abbandonare la toga a seguito di alcuni fastidi sorti all’indomani delle sue note inchieste. Ciononostante, non ha perso la sua voglia di cambiare il Bel Paese, utilizzando la strada politica. Durante il suo intervento, Luigi De Magistris ha, infatti, rivolto un appello a tutti coloro che vivono di idee diverse, affinché “questo centrosinistra si metta assieme, evitando però di spaccare il capello in quattro nelle sue diversità. Non occorre, infatti, fermare solo la deriva autoritaria di Berlusconi. Per cambiare il Paese occorre creare una valida alternativa di governo”.
Non risparmia nessuno dei componenti dell’attuale classe dirigente politica, De Magistris, ricordando l’elevato numero di autorità politiche coinvolte in questioni mafiose. Non risparmia nemmeno la massima carica dello Stato, Giorgio Napolitano, descritto senza peli sulla lingua come “uno che ha la firma facile”.
Il timore è quello che si stia andando incontro ad una vera e propria “criminalizzazione del dissenso”. De Magistris porta ad esempio il caso del sequestro di una carriola de L’Aquila, episodio nel quale l’ex magistrato non riesce a rintracciare il reato. “Ho conosciuto questo signore” spiega, infatti “e gli ho chiesto cos’avesse fatto di tanto sbagliato con questa carriola. Era solo una manifestazione pacifica, dove qualcuno ha provato a dubitare sul fatto che, forse, i soldi della Protezione Civile non erano stati poi spesi così bene”.
Luigi De Magistris fa così un quadro della situazione attuale, dove giornalismo e magistratura, i due soggetti a servizio della verità, devono necessariamente divenire “stampella del potere” per sopravvivere. “Il rischio che corriamo” spiega meglio l’europarlamentare “è che le leggi ad personam, l’asservimento della stampa e la magistratura controllata dal governo ci spingeranno verso la “normale devianza”. La mafia del terzo millennio non sarà mai sradicata, mentre giornalisti e magistrati con la schiena dritta pagheranno con un casellario giudiziario sporco perché rincorrono la verità. Come accaduto a me”.
Il riferimento è ai processi a cui De Magistris ha dovuto rispondere, nonostante il ruolo di magistrato gli abbia imposto una maggiore attenzione alle modalità con cui le cose hanno il loro corso. Tutto questo perché “le insidie principali non sono quelle venute dalla mafia con la lupara, ma da quella con la penna in mano e con i colletti bianchi”.
Tania Di Simone