Teramo. “Perché Chiodi non vuole i nidi di famiglia?”. È la domanda di Alberto Di Croce, esponente dell’IdV di Teramo, che si sofferma sull’emergenza lavorativa nel comprensorio teramano e sulla gestione familiare.
Secondo Di Croce, infatti, dalla Regione non sarebbe ancora arrivato alcun tipo di aiuto in merito. “Mi riferisco” specifica il politico “all’istituzione del servizio educativo domiciliare per l’infanzia, che a Teramo città e in provincia potrebbe dare lavoro da subito, senza costi per gli enti pubblici, a 300 donne”.
Alberto Di Croce ricorda, a riguardo, che oltre l’80% dei bambini dai 3 ai 36 mesi non troverebbe posto negli asili nido. Da qui l’utilizzo assai diffuso del cosiddetto “Nido in famiglia”, già radicato in molti paesi europei. Si tratta di un servizio di assistenza, educazione e socializzazione diretta ad un numero variabile di 3-5 bambini di età compresa fra i 3 mesi ed i 3 anni.
Il servizio è gestito da mamme “professionalizzate” all’interno delle proprie abitazioni, che debbono essere dotate di alcune caratteristiche peraltro comuni a molte case.
“Soltanto nella nostra città e provincia” ipotizza Di Croce “questo servizio darebbe un lavoro regolare a molte donne e costituirebbe un servizio complementare ai nidi di infanzia non ancora sufficienti a soddisfare le richieste”.
L’IdV avrebbe già presentato un progetto di legge in proposito, ma, stando a quanto sostenuto dal politico, la giunta Chiodi non avrebbe intenzione nemmeno di discuterlo.
“Speriamo che nelle prossime settimane ci sia un ripensamento” conclude, pertanto, Alberto Di Croce “e che l’imminente nuovo Piano sociale offra uno spazio ad un servizio che vuole valorizzare in primo luogo la centralità della famiglia, il benessere e la crescita armoniosa dei bambini e contribuire ad alleviare una crisi economica che ha colpito in primo luogo le donne”.